Venerdì 8 Novembre 2024
ANTONIO TROISE
Economia

Decreto materie prime, c’è un tesoro di minerali nel sottosuolo dell’Italia: ecco dove

Via libera definitivo del Senato, parte la ricerca dei minerali utili per cellulari e batterie auto nel nostro sottosuolo. Il ministro dell’Ambiente: "Stimoleremo le nostre realtà e le renderemo più competitive"

La mappa delle materie prime e delle miniere in Italia

La mappa delle materie prime e delle miniere in Italia

Roma, 6 agosto 2024 – Anche in Italia può ripartire la grande corsa alle materie prime critiche, la nuova "caccia all’oro" del mondo globalizzato convertito al green e all’economia circolare. Solo che, al posto del metallo giallo, si scaveranno miniere per cercare minerali dai nomi poco noti ma con quotazioni che, nei prossimi anni, continueranno a impennarsi. 

Ieri, il Senato, ha dato il via libera definitivo al cosiddetto decreto sulle materie prime, fortemente voluto dal ministro Gilberto Pichetto Fratin. Un pacchetto di norme che, in linea con le raccomandazioni dell’Unione Europea, dovrebbe finalmente far uscire il nostro Paese da una situazione imbarazzante. Il nostro sottosuolo, infatti, è ricco di molte delle materie che Bruxelles considera "critiche" perché importate quasi completamente dai Paesi extra-europei.

Eppure, dei 17 minerali che sono presenti nel nostro Paese, ne sfruttiamo solo un paio. Mentre il resto giace praticamente inutilizzato. Secondo l’ultima mappa messa a punto dall’Ispra, i giacimenti italiani sono molto ricchi:

  • la fluorite a Bracciano
  • le terre rare in provincia di Cagliari
  • il litio nei fluidi geotermici tosco-laziali-campani
  • il manganese in Liguria e Toscana
  • il tungsteno in Calabria, nel cosentino e nel reggino.

E poi il caolino, la bentonite fedspato, ma anche il cobalto, il neodimio, lo stronzio, il nichel e il rame.

Dietro questi nomi, poco noti e spesso impronunciabili, ci sono le materie necessarie per costruire i chip e i microcomponenti che troviamo nei nostri telefonini, che fanno girare le pale eoliche, che alimentano i motori delle auto elettriche. Elementi fondamentali anche nelle industrie più avanzate, dalla difesa all’energia. Insomma, tasselli fondamentali per far girare i motori di un’economia in piena transizione ecologica.

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Il decreto approvato ieri contiene due importanti novità. Prima di tutto, semplifica fortemente le procedure per la ricerca e la riapertura delle miniere, prevedendo tempi rapidi per il rilascio dei titoli abilitativi per l’estrazione e per i progetti di riciclo di materie prime critiche: non più di 18 mesi nel primo caso e al massimo 10 per il secondo. Ma iter celeri sono messi nero su bianco anche per il rinnovo delle concessioni esistenti che saranno dimezzati e che non devono superare i 10 mesi.

La seconda novità riguarda le royalties per le concessioni minerarie di progetti strategici che saranno corrisposte allo Stato per i progetti a mare (il decreto parla di un’aliquota del prodotto pari a una percentuale compresa tra il 5 e il 7%) nonché a Stato e Regioni per quelli sulla terraferma.

Le somme confluiranno nel Fondo sovrano per il Made in Italy e saranno utilizzate per sostenere investimenti nella filiera delle materie prime strategiche. Toccherà poi a un Comitato costituito presso il Mimit elaborare ogni anno un vero e proprio piano per le materie prime critiche, per valorizzare i giacimenti italiani. "Con il via libera al decreto poniamo le basi per affrontare l’aumento esponenziale della loro domanda nei prossimi anni, garantendo allo stesso tempo il raggiungimento sul territorio nazionale degli obiettivi posti dal regolamento europeo – dichiara il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin –. Tutto ciò darà stimolo alle nostre imprese, rendendole più solide e competitive".

Soddisfatto anche il ministro delle Imprese, Adolfo Urso: "L’Italia è all’avanguardia in Europa nel garantire le materie prime critiche necessarie per accelerare la transizione digitale e verde".

Non la pensano così gli esponenti dell’opposizione. Per il Pd si tratta di un provvedimento "inutile e contraddittorio". Mentre la Sardegna ha già annunciato che impugnerà il provvedimento per difendere le competenze sulla materia da parte delle regioni a statuto autonomo.