Quest’anno arriveranno in Italia, legalmente, 82.700 cittadini extracomunitari. È quanto prevede il decreto flussi recentemente pubblicato in Gazzetta ufficiale. Gli ingressi di lavoratori non europei saranno 13mila in più rispetto al 2022, gran parte dei quali (44mila) andrà a lavorare nelle campagne. All’agricoltura, dunque, è riservata circa la metà delle domande, con un aumento rispetto al 2022 di 2mila unità.
All’interno della quota destinata alle campagne, inoltre, 1.500 sono le posizioni per le nuove richieste di nullaosta stagionale pluriennale. Si tratta di una procedura che consentirà alle imprese di richiamare il lavoratore in maniera automatica negli anni successivi, senza dover attendere la pubblicazione di un nuovo decreto. Le associazioni datoriali, pur salutando positivamente il provvedimento, sottolineano i ritardi del governo. Infatti, mentre le quote per il 2022 vennero fissate a dicembre dell’anno prima, il nuovo esecutivo è arrivato lungo per il 2023. Del resto, per presentare le domande bisognerà ora aspettare 60 giorni. Insomma, la conclusione della procedura slitterà a non prima della fine di marzo. Troppo tardi per chi si occupa delle colture primaverili, sostengono gli agricoltori.
Va detto che, però, anche nel 2022, sebbene i termini siano stati rispettati, una serie di intoppi hanno impedito alle richieste di ingresso di arrivare in tempo, con la conseguenza che, pure in quell’anno, si sono registrati dei ritardi rispetto alle esigenze del settore. Inoltre, il numero degli ingressi previsto per l’anno in corso, per quanto incrementato, resta ancora lontano da quanto chiesto dagli imprenditori agricoli. La Coldiretti, infatti, aveva calcolato come fabbisogno per il solo comparto agricolo 100mila lavoratori.
Una novità importante, però, c’è. Si tratta della quota di ingressi che potrà venire gestita direttamente dalle stesse associazioni, come spiega il Sole 24 Ore. Introdotta in via sperimentale nel 2022, tale quota non solo è stata confermata ma addirittura ampliata: è cresciuta infatti da 14mila a 22mila posizioni. Un fatto molto positivo perché consente alle associazioni datoriali di funzionare un po’ come delle agenzie di collocamento, snellendo le procedure burocratiche e accorciando i tempi. Per Confagricoltura, che in una nota esprime soddisfazione per la conferma della misura, adesso serve "uno sforzo da parte delle amministrazioni competenti affinché l’iter burocratico per l’ingresso dei cittadini extracomunitari sia il più celere possibile e consenta alle imprese agricole di poter contare su questi lavoratori già nelle prime campagne di raccolta primaverili". Sull’altro lato della barricata i sindacati che, con il segretario generale della Flai-Cgil, Giovanni Mininni, esprimono una serie di critiche, ricordando come non ci sia stato un confronto con i sindacati nella fase precedente l’emanazione del decreto.
I dati raccontano di come la presenza degli stranieri nel settore agricolo sia indispensabile alla filiera. Nelle campagne italiane, infatti, arrivano ogni anno dall’estero 358mila lavoratori provenienti da 164 Paesi diversi. Coldiretti calcola che un prodotto agricolo su quattro venga raccolto da stranieri. Nel complesso, questi lavoratori forniscono il 29% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. Sono braccianti che si concentrano, in particolare, nel distretto veronese delle fragole, in quello delle mele del Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte e degli allevamenti di vacche da latte della Lombardia. La comunità più popolosa è quella rumena, seguita da quella marocchina, indiana e marocchina.
Nel decreto flussi per il 2023 alcune quote sono state riservate ai lavoratori dei Paesi con cui l’Italia ha firmato accordi di cooperazione in materia migratoria. Questi mentre un altra fetta degli arrivi è stabilita in favore dei braccianti che hanno completato dei programmi di formazione nei Paesi di origine. Il nuovo Decreto prevede infine che il datore, prima di assumere lavoratori non comunitari dall’estero, debba aver preventivamente verificato presso il centro per l’impiego l’indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale.