Roma, 11 dicembre 2016 - Tutti con il fiato sospeso, da Siena a Roma, in attesa della riapertura dei mercati. Sul Monte dei Paschi regna un’incertezza assoluta. Non ci sarà nei prossimi giorni il decreto salva-banca. E bisognerà attendere giovedì per la formalizzazione del No della Bce alla proroga di 20 giorni per la ricapitalizzazione chiesta dal cda senese.
Si naviga a vista: l’unica cosa certa è che il decreto allo studio del governo per mettere in sicurezza la più antica banca del Paese può attendere. Il cerino passerà, inevitabilmente, nelle mani del prossimo premier. Nel frattempo, i riflettori del ministero dell’Economia saranno tutti puntati sulla riunione straordinaria del board dell’istituto in programma oggi.
IL TESORO ha deciso di verificare tutte le possibili soluzioni prima di imboccare la strada dell’intervento pubblico e, quindi, della nazionalizzazione della banca. Un percorso complicato, non solo perché sottoposto alle rigide norme Ue sugli aiuti di Stato, ma anche perché sarebbe la prima applicazione pratica delle nuove regole sul bail in, la direttiva che scarica parte dei costi del risanamento dell’istituto sui correntisti più ricchi e sui possessori di obbligazioni.
In via Venti Settembre sono preoccupati per gli effetti che un eventuale intervento dello Stato avrebbe sull’intero sistema bancario italiano, da mesi nel mirino della speculazione finanziaria. Anche per questo si continua a difendere ad oltranza la soluzione privata, con una ricapitalizzazione coperta in parte dai grandi fondi internazionali e in parte dalla clientela retail. Solo in caso di flop del collocamento curato da Jp Morgan e da Mediobanca, l’esecutivo potrebbe tirare fuori dai cassetti il decreto.
Ma per ora, tagliano corto dal ministero dell’Economia, l’intervento pubblico non è necessario. La banca ha ancora la forza per salvarsi da sola, non è affatto in una situazione di insolvenza. Nel dicastero guidato da Padoan e anche nei piani alti dell’Abi, non si nasconde, però, un certo disappunto per la comunicazione fantasma della Bce sullo stop alla proroga di venti giorni chiesta Mps per la ricapitalizzazione. A Siena non è ancora arrivata alcuna comunicazione formale, anche se il Consiglio di vigilanza avrebbe già bocciato la richiesta. Certo, fa parte della policy della Bce la decisione di non smentire le indiscrezioni. Ma il costo di questa incertezza rischia di essere salatissimo. Venerdì scorso, il titolo è letteralmente crollato in Borsa.
E un nuovo scivolone, domani, sarebbe un pessimo segnale e renderebbe inevitabile l’intervento pubblico, magari già entro la settimana. Sempre che, nel frattempo, Mattarella riesca a far insediare il nuovo governo: Renzi, infatti, non ha alcuna intenzione di firmare un provvedimento che avrebbe un alto grado di impopolarità.
LO SCHEMA di decreto sarebbe stato già abbozzato e si articolerebbe in due parti. La prima: una garanzia pubblica sulla ricapitalizzazione dell’istituto, dai 3 ai 5 miliardi, con l’impegno ad acquistare l’inoptato. La seconda: una clausola di salvaguardia per evitare di scaricare i costi del salvataggio sul popolo dei piccoli risparmiatori che avrebbero nelle mani qualcosa come 2 miliardi di obbligazioni. Bond che lo Stato si impegnerebbe a riacquistare utilizzando alcune direttive già previste nell’ordinamento comunitario e sulla base di quello che è già avvenuto sia per il salvataggio degli istituti greci sia per le quattro banche italiane finite in default. In ogni caso, se decreto deve essere, sarà firmato solo dal prossimo premier. Nell’attesa, il conto dell’incertezza potrebbe essere fatale per la banca senese.