Giovedì 14 Novembre 2024
ANDREA BONZI
Economia

Dazi Usa-Cina, "Pechino ha rotto la trattativa". Cosa rischia l'Italia

Non si placa la tensione fra Cina e Usa: il vicepremier del Dragone è atteso a Washington per cercare di cucire lo strappo. Sarebbe stata però proprio Pechino, venerdì scorso, a far saltare il banco, generando la reazione di Trump. Ecco cosa rischia l'Italia

Donald Trump (Ansa)

Donald Trump (Ansa)

A far saltare il banco delle trattative sui dazi tra Cina e Usa sarebbe stata Pechino. L'agenzia Reuters infatti pubblica un dettagliato resoconto secondo il quale venerdì notte a Washington sarebbe arrivata una marcia indietro quasi totale del Dragone sugli impegni sottoscritti nella bozza di accordo commerciale con gli Stati Uniti. Un documento pieno zeppo di modifiche su gran parte dei temi che avevano innescato il braccio di ferro e su cui si stava cercando un difficile accordo. 

LA REAZIONE DI TRUMP

Da lì, la reazione di Donald Trump che, due giorni dopo, ha annunciato il rialzo al 25% (dal 10%) dei dazi su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi a partire dal mattino italiano di  venerdì 10 maggio. I tweet del presidente americano, come si è visto, hanno portato a un vero e proprio terremoto sulle Borse di tutto il mondo, impattando anche sulle previsioni economici di Paesi come il nostro. Trump ha rincarato la dose: "La Cina ha fatto retriomarcia perché spera di rinegoziare l'accordo commerciale con Joe Biden o con uno dei deboli democratici, e quindi continuare a rubare agli Stati Uniti per i prossimi anni. Ma non accadrà! Ci hanno appena informato che il vice premier cinese sta venendo negli Usa per fare un accordo. Vedremo". In queste ore convulse, a Pechino sembrano voler mantenere la calma: "Risolvere disaccordi sulle questioni è parte del negoziato - ha detto un portavoce del governo del Dragone -, non stiamo evitando i problemi e vogliamo arrivare a un accordo".

SU COSA SI DISCUTE

Ma qual è l'obiettivo degli americani in questa guerra di dazi, che dura ormai dalla primavera 2018? Innanzitutto ridurre il deficit commerciale (che, però, nell'ultimo anno, è cresciuto da 346 a 419 miliardi di dollari), poi dare garanzie alle imprese a stelle e strisce, che chiedono la cancellazione dell'obbligo di dover condividere i segreti tecnologici alle aziende straniere che investono in Cina, il pieno accesso al mercato orientale e la tutela dei diritti sulla proprietà intellettuale. D'altra parte la Cina vuol continuare a inondare il mercato americano dei propri prodotti che hanno prezzi ultracompetitivi. 

COSA RISCHIA L'ITALIA

In questa battaglia tra colossi, il prezzo che l'Europa e l'Italia rischiano di pagare si annuncia alto. Nel 2018, il braccio di ferro Usa-Cina è costato al nostrio Paese 1,7 miliardi, ma quello che più spaventa è l'eventuale conferma delle sanzioni americane contro l'Unione europea. Infatti, Trump ha ingaggiato una battaglia anche con il Vecchio Continente, accusato di aver aiutato direttamente l'Airbus. Le tensioni già si sono ripercosse anche sulle ultime stime di crescita: in caso di dazi anti-Ue, Confindustria calcola mezzo punto di Pil in meno in due anni. Il tutto al netto dello choc sui mercati finanziari su piccoli e grandi investitori e della febbre da spread che potrebbe salire in modo incontrollato, aggravando la situazione dei conti pubblici italiani. Negli 11 miliardi di dollari di dazi possibili, tantissimi i prodotti Made in Italy sulla graticola, dal Prosecco al Campari, dall'olio di oliva al pecorino, la metà dell'export verso gli Stati Uniti potrebbe essere colpito.