Giovedì 13 Febbraio 2025
CLAUDIA MARIN
Economia

Dazi di Trump, i settori (e i prodotti) più colpiti in Italia: cosa aspettarsi

L’export italiano è più esposto della media europea al mercato Usa: il 22,2% delle vendite extra-Ue. Tra i settori maggiormente esposti spiccano bevande, autoveicoli e farmaceutica

Una fabbrica di auto

Una fabbrica di auto

Roma, 13 febbraio 2025 – Quali effetti avranno i dazi di Donal Trump sull’Italia? Quali i settori più colpiti? A dare riscontro a queste domande è il Centro Studi di Confindustria nel Report su “La nuova politica commerciale degli Stati Uniti: scenari e canali di trasmissione. I settori e i prodotti europei e italiani più a rischio”.

L’export-import Italia-Usa

Nel caso dell’Italia, le connessioni economiche sono estremamente profonde. Gli Usa sono la prima destinazione extra-UE dell’export italiano di beni e di servizi e la prima in assoluto per gli investimenti diretti all’estero. Nel 2024 le vendite di beni italiani negli USA sono state pari a circa 65 miliardi di euro, generando un surplus vicino a 39 miliardi. Nonostante un calo nell’ultimo anno, il mercato statunitense ha offerto il contributo più elevato in assoluto alla crescita dell’export italiano dal pre-Covid.

Gli investimenti diretti dell’Italia verso gli Stati Uniti ammontano a quasi 5 miliardi all’anno, il 27% del totale (media 2022-2023); 1,5 miliardi annui, invece, i flussi dagli Usa in Italia. Il deflusso netto di capitali è un segnale di dinamicità delle multinazionali italiane (anche grazie agli incentivi Usa), ma anche di limitata attrattività del mercato italiano per i capitali americani.

Le multinazionali americane sul territorio italiano, comunque, sono le prime per numero di occupati (più di 350mila nel 2022), contribuendo per più di un quinto al valore aggiunto nazionale e alla spesa in ricerca e sviluppo. La presenza delle multinazionali Usa è particolarmente importante nella manifattura italiana, dove sono concentrati più di 110mila addetti. Nel comparto elettronico e ICT, il 90% delle multinazionali extra-UE è di proprietà Usa.

Quasi tutti i settori manifatturieri italiani godono di un surplus commerciale con gli Stati Uniti. Macchinari e impianti (primo settore esportatore), farmaceutica (primo settore importatore, nonostante un surplus pari quasi al doppio del valore), autoveicoli e altri mezzi di trasporto, alimentari e altri beni manifatturieri generano, insieme, quasi tre quarti del surplus italiano con gli Usa (dati 2023).

Il settore primario, invece, registra un deficit, alimentato soprattutto dagli acquisti di gas naturale, che hanno contribuito a sostituire le forniture russe (per quasi 7 miliardi di euro in Italia e 70 in Europa nel 2023). Un aumento dell’import di gas potrebbe rientrare nel negoziato transatlantico stemperando le istanze di riequilibrio della bilancia commerciale.

I rischi per l’export italiano

L’export italiano è più esposto della media UE al mercato Usa: 22,2% delle vendite italiane extra-UE, rispetto al 19,7% di quelle UE. Tra i settori maggiormente esposti spiccano le bevande (39%), gli autoveicoli e gli altri mezzi di trasporto (30,7% e 34,0%, rispettivamente) e la farmaceutica (30,7%). I comparti più dipendenti dagli Usa sono il farmaceutico (38,6%) e le bevande (38,3%), che lo sono anche dal lato dell’export. Ciò evidenzia la profonda integrazione di queste filiere produttive e il loro elevato rischio in caso di dazi e ritorsioni.

L’esposizione italiana agli USA aumenta se si considerano anche le connessioni produttive indirette, cioè le vendite di semilavorati che sono incorporati in prodotti per il mercato Usa. In base a stime del Centro Studi Confindustria, è attivata direttamente e indirettamente dal mercato Usa una quota significativa delle vendite totali (estere e domestiche) del farmaceutico (17,4%) e degli altri mezzi di trasporto (16,5%). Seguono gli autoveicoli, i macchinari e impianti, gli altri manifatturieri, pelli e calzature. Per il totale manifatturiero, il peso degli Usa come mercato di destinazione è pari a circa il 7% delle vendite (5% da flussi diretti e il restante da connessioni indirette).

I nostri settori più a rischio

L’Italia e gli altri paesi UE esportano una grande varietà di prodotti negli Usa (80% di tutte le categorie vendute dall’Italia nel mondo e più del 90% dalla UE). Utilizzando tre criteri-guida (esposizione delle esportazioni; livello di surplus bilaterale; strategicità dei prodotti secondo la logica Usa di sicurezza economica), i ricercatori di Confindustria stimano che i primi settori a alto rischio per tutti e tre i criteri (esposizione, surplus e strategicità), sia per l’Italia sia per l’Europa, sono quelli della chimica e del farmaceutico. I solidi legami produttivi tra le due sponde dell’Atlantico potrebbero essere un deterrente alla rincorsa tariffaria.

Altri prodotti italiani per cui è rilevante il mercato americano, secondo i criteri di esposizione e surplus, comprendono anche mezzi di trasporto, macchinari e alimentari e bevande: settori merceologici con alta propensione all’export, per i quali la domanda statunitense si è rafforzata negli ultimi anni, quindi altrettanto potenzialmente uno strumento di negoziazione per l’amministrazione Usa.