La triste realtà emerge dai numeri: una donna su tre ha subito
violenze fisiche o sessuali nel corso della vita, metà delle donne uccise in tutto il mondo sono state uccise dal proprio partner o da un familiare e la violenza perpetrata contro le donne è una causa di morte altrettanto comune del cancro. Ma questa è solo la punta dell’iceberg di una cultura maschilista diffusa, che rende le donne oggetto di soprusi più o meno marcati in tutte le società del mondo.
La parità di genere è il quinto obiettivo dell’Agenda 2030 e uno dei più difficili da centrare. Anche nei Paesi dove per legge non dovrebbero esistere differenze tra i sessi, in realtà il potere e il comando, nella vita economica, politica e sociale, sono nella gran parte dei casi attribuiti a rappresentanti del genere maschile. In altri contesti più arretrati, dall’Africa ai Paesi arabi, la condizione femminile subisce ancora retaggi e vincoli di una tradizione che colloca le donne in un ruolo subordinato nella società.
Rispetto al passato, oggi il mondo è un posto migliore per le donne. The Gender Snapshot 2019, il rapporto pubblicato dall’UN Women per analizzare tutti gli obiettivi dell’Agenda 2030 sulla base del criterio di genere, i progressi si vedono. Per esempio si è registrato un significativo calo nella pratica della mutilazione femminile e dei matrimoni precoci: nel primo caso, tra il 2000 e il 2018 la percentuale è scesa del 25% e nel secondo caso, in Asia del Sud, nell’arco degli ultimi 5 anni questo fenomeno è diminuito del 25%. Altri segnali positivi sono la maggiore presenza delle donne negli organismi di governo e la formulazione di leggi che
promuovono la parità di genere. Eppure ancor oggi oltre 200 milioni di donne all’anno subiscono mutilazioni sessuali e in media il 18% delle donne tra i 15 e i 49 anni è vittima di violenze domestiche (24% nei Paesi meno avanzati). Altre forme di discriminazione, legali e sociali, si aggiungono
alla violenza: dal basso livello di partecipazione delle donne ai processi decisionali al cosiddetto Gender Pay Gap, cioè la disparità di reddito delle donne rispetto agli uomini, a parità di mansioni. Senza contare che le donne nel mondo continuano a incontrare ostacoli nel loro diritto alla salute, soprattutto per quanto riguarda la sessualità e la riproduzione, come ad esempio nel caso dell’aborto. In ogni contesto, la situazione delle donne è una formidabile cartina di tornasole del grado di civiltà raggiunto dalle politiche sociali ed economiche del Paese.
La sensibilità a livello internazionale su questi temi si è sviluppata tardi: solo nel 2011 l’Onu ha istituito un’ agenzia per la parità di genere (UN women), che si occupa di creare un ambiente in cui ogni donna possa sviluppare il proprio potenziale. Un impegno che si allarga per diffondere il quinto obiettivo dell’Agenda 2030, promuovendo modelli che offrano a entrambi i generi le stesse opportunità di accesso a tutti i livelli decisionali, operando per superare stereotpi e discriminazioni, diffondendo una cultura di condivisione dei compiti domestici e di cura, proteggendo le fasce più deboli, come le migranti e le rifugiate, attraverso programmi di integrazione e assistenza. La discriminazione inizia dall’infanzia: bambine e adolescenti sono le più a rischio, in base ai dati dell’Unicef. Molte bambine, diventate adulte, non sono in grado di inserirsi a pieno titolo nella società: dalle bambine fantasma, che non vengono registrate all’anagrafe risultando così prive di diritti (niente scuola né sanità), alle spose bambine costrette al matrimonio con uomini più anziani cui devono completa sottomissione, all’esclusione dalla scuola per stereotipi sui ruoli di maschi e femmine per cui «le donne devono dedicarsi a casa e famiglia».
Uno specifico settore educativo a cui l’Onu riserva particolare attenzione è quello del cosiddetto ambito STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Tra le varie iniziative, quelle a sostegno della formazione e dell’apprendimento di bambine e ragazze in campo scientifico sono considerate fondamentali per l’emancipazione di chi purtroppo vive ancora in condizioni svantaggiate. In Italia siamo ancora lontani anni luce dal quinto obiettivo. La violenza maschile sulle donne è un fenomeno impressionanti: nel report 2019 realizzato su questo tema dalla Polizia di Stato (Questo non è amore) i dati parlano di 88 vittime ogni giorno: una ogni 15 minuti. Ancora più inquietante: ogni 72 ore una donna viene uccisa da una persona di sua conoscenza e 3 femminicidi su 4 avvengono tra le mura domestiche.