Milano, 5 agosto 2024 – Un lunedì nero. Espressione tipica per i crolli in Borsa. Espressione ma più azzeccata per descrivere quanto è successo oggi sui mercati azionari internazionali.
Il crollo di Tokyo
Tutto è cominciato in Estremo Oriente con Tokyo che questa mattina ha aperto con un crollo clamoroso: -12,4%, fra i peggiori della storia per la Borsa giapponese (Borsa nipponica che in ogni caso nelle ultime 3 settimane ha perso il 26%, 5,6% nella sola giornata di contrattazioni venerdì 2 agosto). Per trovare tonfi di questo tenore occorre tornare alla crisi del 1987. Le cose sono leggermente migliorate nel corso della giornata ma l’indice Nikkei 225 (il principale listino nipponico) in chiusura lasciava sul campo 10 punti percentuali.
Le borse mondiali
E l’Asia si è portata dietro i listini europei (anche se nel corso delle contrattazioni le cose sono andate un po’ migliorando) con Milano che ha chiuso a -2,27% ma in giornata era arrivata a perdere intorno al 4% (in linea con le altre Borse europee) e l’apertura di Wall Street. Londra ha chiuso in calo del 2,04%, Francoforte dell'1,82% e Parigi dell'1,42%.
Crolli che hanno colpito anche i tradizionali beni rifugio come l’oro (-3%) e l’argento (-7%), con lo spread Btp-Bund in aumento di quasi 3 punti percentuali arrivando a sfiorare i 150 punti base.
Cosa sta succedendo
Ma cosa sta succedendo? Cosa ha scatenato questa tempesta sui mercati di tutto il mondo?
Iniziamo col dire che non c’è stato un fattore univoco ben individuabile come ad esempio accadde nel 2006 con la crisi dei subprime (lo scoppio della bolla del mercato immobiliare statunitense con i mutui concessi praticamente a chiunque senza garanzie). I fattori in questo caso paiono molteplici e orientati ai “timori per il futuro”: le difficoltà delle grandi aziende tecnologiche statunitensi (i 7 gruppi principali fra cui Apple, Amazon, Nvidia, Meta hanno una capitalizzazione di 13mila miliardi: superiore all’intero Pil dell’area Euro di un anno) il pericolo di una recessione negli Usa, il rischio di una escalation dei conflitti mondiali, a partire dalla guerra in Medio Oriente, l’aumento dei tassi in Giappone che ha portato a una forte svalutazione dello yen (la moneta giapponese). In ogni caso le innumerevoli incertezze socio-politico-economiche degli ultimi tempi, nonostante le quali (per certi versi sorprendentemente) le Borse mondiali hanno goduto di buona salute, prima o poi erano destinate a presentare il conto. Forse il momento è arrivato. La speranza è che non sia troppo traumatico.
Il parere degli esperti
"Non è stato il dato della disoccupazione, anche se è vero che i mercati erano saliti quasi solo con la tecnologia. In realtà, tutto si è innescato su divergenze monetarie tra la Banca centrale giapponese e la Fed ovvero sulla rivalutazione dello yen” esordisce Carlo De Luca, responsabile Asset Management di Gamma Capital Markets. Le principali cause delle vendite, a sentire Filippo Diodovich, senior market strategist di Ig Italia, sono da ricercare nelle “deludenti trimestrali pubblicate da alcuni big del settore tech come Alphabet, Intel e Amazon” e nei dati “ben inferiori alle attese sul mercato del lavoro statunitense”. “Crediamo che la Fed possa avere sottostimato gli effetti negativi di aver mantenuto i tassi di interesse su livelli elevati per lungo tempo» ma “non escludiamo che un prolungato periodo di instabilità sui mercati azionari possa spingere la Fed anche a convocare il Fomc (la commissione operativa) in un meeting straordinario per ridurre di 25 punti base i tassi”. I dati poco incoraggianti sui posti di lavoro negli Usa, ragiona Andrew Jackson, head of fixed income di Vontobel, “hanno continuato a creare scompiglio” ma “i mercati sono in genere ancora sui massimi o vicini ai massimi, quindi, la gravità della correzione non è ancora chiara”.
Matteo Ramenghi, chief investment officer di Ubs Wm in Italia, parla di “Borsa guastafeste”, spiegando che alla base di questi movimenti “ci sono alcuni dati economici statunitensi più deboli del previsto, che hanno portato molti operatori a menzionare addirittura una recessione”. E se un ritorno a livelli più elevati di volatilità, “era in parte atteso considerando l'elevata incertezza politica e in vista delle elezioni presidenziali statunitensi di novembre”, tuttavia “occorre ricordare che la struttura attuale del mercato fa sì che la volatilità possa produrre altra volatilità”. Anche secondo Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, ad aumentare le pressioni sono i “timori che la Federal Reserve sia in ritardo”, perché dopo mesi in cui gli investitori hanno operato in uno scenario di ‘tutto va bene’”, i dati deboli sull'occupazione e sull'economia, unitamente ai profitti deludenti del settore tech, “hanno accentuato i timori che l'economia statunitense stia rallentando e che la Fed abbia sbagliato a non tagliare il tasso di riferimento la scorsa settimana”. Alla luce di questi sviluppi, conclude, “c'è ora aspettativa su un taglio di 50 punti base a settembre, contro i 25 inizialmente preventivati. Eventuali aspettative su un taglio da parte della Fed prima di settembre potrebbe aumentare ulteriormente le preoccupazioni”.
L’indice della paura Vix ai massimi dal Covid
L'indice della 'paura’ Vix, che misura la volatilità attesa a 30 giorni dall'indice S&P500, cioè dal principale indice azionario americano, è tornato ai massimi dallo scoppio della pandemia di Covid, all'inizio del 2020. L'indice sta segnando il rialzo giornaliero più consistente degli ultimi trent'anni: dal livello di 23,39 dell'apertura ha toccato un massimo di 65,7, equivalente a un rialzo del 181%, e ora tratta a 59,2, in rialzo del 153% sull'apertura.