Berlino, 16 marzo 2023 - "La prossima a fallire sarà il Crédit Suisse, dopo la Silicon Valley Bank", è la profezia del finanziere giapponese Robert Kiyosaki. Uno che se ne intende, 15 anni previde il fallimento della Lehman Brothers, quando le agenzie di rating americane le assegnavano una triplice A, il sigillo della perfezione. Gli esperti garantiscono che il Crédit è troppo grande per fallire, 531 miliardi di franchi l´ultimo bilancio e oltre 50mila dipendenti. Ma chi non ha conti in Svizzera, chi è neutrale, fa il tifo per la Cassandra giapponese. Per schadenfreude, parola tedesca che richiede una lunga traduzione, sarebbe la gioia maligna che si prova per i guai degli altri, in particolare per i primi della classe. Se il Crédit è nei guai, si commenta, è colpa sua. Che paghi per i suoi peccati. Avrebbe un'anima nera, fin dalla nascita. Il nome è recente, ma lo cambiò nel 1951, prima era Lo Schweizirische Kredit Anstalt fondato nel 1856. Grazie alla neutralità del paese, le banche elvetiche hanno sempre fatto buoni affari con tutti. Prima e dopo la Grande Guerra hanno amministrato fondi segreti, per corrompere i neutralisti italiani e far entrare l´Italia a fianco della Francia o restare fedele a Austria e Germania, e hanno pagato le spie di ogni paese che agivano al sicuro oltre confine.
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Al di sopra di tutti, ma sempre attento ai propri interessi, il Crédit, come gli altri istituti svizzeri, ha accolto i depositi dei nazisti e degli ebrei, in conti anonimi, protetti dal segreto. E dopo la fine del III Reich, è stato difficile per i clienti, o i loro eredi prelevare i depositi. I titolari erano finiti gasati a Auschwitz, e spesso gli eredi ignoravano perfino l'esistenza di un conto, o il numero in codice. Solo nel 1998, grazie a una lunga azione del Congresso ebraico, il Crédit e le altre banche si sono piegate a un accordo pagando un miliardo e 250 milioni di dollari. Nel 1984 è stata scoperta in Argentina una lista di 12mila nomi di nazisti con depositi presso il Crédit Suisse per un totale di 33 milioni di euro. L'Istituto, in nome del segreto bancario, ha rifiutato di aprire i suoi archivi, sostenendo che i depositi erano stati controllati dalla Federazione bancaria svizzera. Una vertenza complicata: il denaro negli Anni ’30 e ’40 sarebbe stato inviato da società e cittadini tedeschi residenti in Argentina per aiutare i compatrioti in patria, e il partito natista se ne impadronì. Qualunque sia la verità, viene amministrato dalla Banca.
Negli ultimi trent’anni, si sono susseguiti gli scandali che hanno visto protagonista il Credit: nel 1986, protesse con nomi falsi i deposti di Ferdinand Marcos e sua moglie Imelda, da 5 a 10 miliardi di dollari, rubati dal dittatore alle Filippine. Dieci anni dopo il Tribunale di Zurigo ordinò alla banca di restituire 500 milioni al governo di Manila. Nel 2000 il Crédit fu sanzionato per i rapporti con Sani Abacha, il dittatore della Nigeria. Alcuni funzionari della banca furono licenziati, ma avevano obbedito agli ordini dei direttori. Nel 2004, il Crédit "lavò" 5 miliardi di yen per la Yakuza, la mafia giapponse. Nel 2009, fu multata per 536 milioni di dollari, per aver aiutato varie società ad aggirare le sanzioni contro Sudan e Iran. Nel 2011, multa da 150 milioni di euro, per aver aiutato a evadere per oltre un miliardo di euro decine di contribuenti tedeschi. Quasi ogni anno, la banca è coinvolta in un illecito, dall´aiuto ai trafficanti di droga bulgari, ai conti segreti degli evasori italiani nel 2016, alle truffe sui fondi che fecero quasi fallire il Mozambico nel 2021. Il cliente è sacro, chiunque sia.