Professor Carlo Cottarelli, che voto dà a questa manovra?
“Sufficiente. C’è attenzione per i conti pubblici, con un deficit che si riduce e questo è sicuramente un fatto positivo. Certo, nell’immediato – spiega l’economista ed ex commissario alla spending review – questo significa che si danno meno soldi all’economia”.
Quanto?
“Più o meno dieci miliardi. Il governo ha detto che è una manovra espansiva: è una manovra espansiva rispetto a un tendenziale del deficit che sarebbe stato più alto. Questo effetto restrittivo viene compensato da conti pubblici in via di miglioramento, con tassi di interesse che scendono e spread sotto i 130 punti base. Ma è pur vero che se i conti sono migliori, l’effetto sarà permanente”.
E per quanto riguarda le singole misure?
“C’è attenzione a proteggere le fasce a reddito più basso. È una destra sociale, se la vogliamo chiamare così. Ma in realtà c’è poco per la classe media. E poi non c’è quasi nulla per l’istruzione, la formazione e la ricerca. Si è fatto qualcosa per gli asili nido, ma si è investito poco sul capitale umano. La ricchezza di un Paese la fanno persone istruite, formate e motivate”.
Questo governo non crede nei giovani?
“Non voglio usare frasi ad effetto. Dico solo che non si aumentano i soldi per l’istruzione. C’è un po’ di attenzione in più per la sanità, ma a partire soprattutto dal 2026 e 2027. Si è mantenuta costante la spesa sanitaria rispetto al Pil, mentre avremmo dovuto alzarla”.
Alla fine sono arrivati i tagli alle spese del 5% per tutti i ministeri. Non si poteva fare meglio?
“È la classica richiesta di tirare la cinghia. Nei fatti è uno scaricabarile: saranno i ministeri e gli enti territoriali a dover trovare una soluzione”.
Il suo rapporto sulla spending review ha compiuto dieci anni. Qualcosa di buono poteva ancora essere ripescato?
“Non a questo punto. Per fare una spending review seria bisogna cominciare almeno un anno prima. Il mio rapporto è obsoleto e andrebbe tutto rifatto da capo, ma ovviamente non bastano poche settimane”.
Le linee guida di Bruxelles sono state rispettate. Che impatto avrà?
“Positivo, anche perché così diventeremo possibili beneficiari della Bce in caso di pressioni sui mercati finanziari. Il Transmission protection instrument esiste dal 2022 ma non è ancora mai stato attivato. In ogni caso consente alla Banca centrale europea di intervenire e non è cosa da poco, visto che potrebbe anche consentire un’ulteriore riduzione dello spread”.
La Carta per i nuovi nati, con un bonus da mille euro per chi mette al mondo un figlio, e l’assegno unico rinforzato possono risolvere la crisi demografica italiana?
“Di per sé, no. Gli strumenti che all’estero hanno funzionato di più sono gli asili nido gratis e l’estensione dei congedi parentali. Ma il problema in Italia è un altro”.
Cioè?
“Ci vuole un impianto solido: va annunciato e deve durare per diversi anni. Se cambiamo continuamente le misure, l’anno scorso ad esempio c’era il bonus mamme, è difficile dare l’idea di una politica stabile sulla natalità”.
Le banche e i loro cosiddetti extraprofitti non sono stati toccati. Ci sarà un anticipo di cassa, che quindi lo Stato dovrà restituire. Qual è il suo giudizio su questa scelta?
“Bisognava fare qualcosa dal punto di vista della comunicazione e poi bisognava tappare il buco nell’immediato, visto che una parte sostanziosa di questa manovra è finanziata in deficit”.
Le plusvalenze sui bitcoin saranno tassate al 42%, mentre ora il prelievo si fermava al 26%. Cosa ne pensa?
“È una misura che non credo genererà grande gettito. Il bitcoin in ogni caso è diventato un campo di speculazione e non mi dispiace che lo tassino. Bisognerà poi vedere se riusciranno a incassare questi soldi”.