Roma, 23 dicembre 2023 – Nel corso degli ultimi anni, l’economia globale è stata fortemente turbata da un contesto decisamente instabile: prima la pandemia e a seguire una serie di conflitti, in Ucraina e in Medio Oriente, che hanno generato uno shock energetico e la conseguente crescita del livello di inflazione. Il risultato è che i cittadini si trovano a vivere in una società nella quale prodotti, beni e servizi costano più che in passato, mentre gli stipendi sono rimasti pressoché uguali. Da questi momenti contraddistinti da una forte inflazione è necessario uscire con prudenza ed equilibrio per evitare che si assista ad un'eccessiva distorsione dei prezzi e alla deflazione. È in questo graduale ritorno alla normalità che si può parlare di disinflazione, da intendersi come una vera e propria fase transitoria per venire fuori da una prolungata e vigorosa inflazione e ristabilire un scenario economico più equilibrato. Questo vuol dire che, in una situazione di disinflazione, la variazione del tasso di crescita dei prezzi deve essere controllata e armoniosa.
Che cos’è la disinflazione
Partendo dai discorsi già in precedenza affrontati, è possibile dire che in una fase di disinflazione si nota un rallentamento del tasso di inflazione. Si ricorda infatti che, quando il tasso di inflazione è molto alto, a risentirne è l’intero comparto economico di uno Stato: con i beni e prodotti che costano sempre di più, infatti, si assiste ad un progressivo impoverimento della domanda e, di conseguenza, le imprese assistono ad una riduzione dei loro introiti. Anche dal punto di vista delle aziende l’inflazione rappresenta un problema molto serio nell’intero comparto produttivo, con le materie prime che hanno un costo più elevato che, a catena, si ripercuote sui consumatori. Visto tale scenario si comprende ancor di più l’importanza della disinflazione. Entrando più nello specifico, questa può essere generata dalle politiche fiscali e monetarie dei Paesi e delle banche centrali che si trovano a dover gestire una forte inflazione e hanno la necessità di ricondurre lo scenario economico ad un maggiore equilibrio. Le leve su cui agire sono sostanzialmente due: - l'aumento delle tasse e la riduzione della spesa pubblica, nel caso in cui si scelga di adottare una politica fiscale; - l’aumento dei tassi di interesse e la riduzione dell’offerta di moneta con le politiche monetarie adottate delle Banche centrali.
Disinflazione o deflazione, cosa cambia?
Per comprendere a pieno il fenomeno della disinflazione è necessario capire che si tratta di qualcosa di profondamente diverso dalla deflazione. In quest’ultimo caso, infatti, si assiste ad un calo del livello generale dei prezzi, mentre la disinflazione è legata al tasso di variazione dell’inflazione, senza prevedere un’effettiva diminuzione dei prezzi. A variare è, dunque, lo scopo: con la disinflazione non si intende azzerare l’inflazione, ma solo riportarla al di sotto delle soglie limite.
Opportunità e rischi della disinflazione
La disinflazione può portare dei vantaggi all’economia reale, intervenendo soprattutto sul rafforzamento del potere d’acquisto delle famiglie e, di conseguenza, sulla competitività delle imprese. Viene spesso definita come un atterraggio morbido che evita, di fatto, che l’economia precipiti, ovvero che cresca la disoccupazione oltre una data soglia e che i cittadini e le imprese non abbiano più la possibilità di provvedere ai propri bisogno. L’aumento del tasso di inflazione, dunque, può definirsi controllato in una fase di disinflazione, con le politiche adottate che intendono evitare delle distorsioni più nette e gravi. Inoltre, un’altra opportunità offerta dalla disinflazione è quella di salvaguardare l’andamento delle azioni e i rendiconti finanziari, offrendo di fatto la possibilità agli azionisti di rafforzare il proprio portafoglio per investire su elementi più vantaggiosi in quella fase. Ci sono, tuttavia, dei rischi che è bene tenere in considerazione in un periodo di disinflazione. Il principale si verifica nel caso in cui la variazione del tasso di inflazione non sia sufficientemente armoniosa e conduca alla deflazione o, nei casi più gravi, alla recessione.
Perché si parla di disinflazione per il 2024
Di disinflazione si sta parlando molto nel corso degli ultimi mesi, soprattutto in riferimento a quanto potrà avvenire in tal senso nel 2024. Secondo Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, anche nel nuovo anno la politica delle Banche centrali continuerà ad essere restrittiva, almeno fino a quando le stesse, in questo caso la Fed, non si saranno convinte che il tasso di inflazione sia sceso sotto il 2 per cento. I dati di inizio dicembre 2023, malgrado la frenata di Powell, sembrano andare però verso dei livelli più confortanti di inflazione: - negli Stati uniti è scesa al 3,2 per cento, mentre quella dei servizi primari è al 2 per cento; - nell’Eurozona è al 2,4 per cento, ovvero il livello più basso mai toccato da luglio 2021. Proprio i fattori elencati spingerebbero molti analisti a pensare che il ciclo degli aumenti dei tassi sia finito e si possa dunque provvedere ad un loro taglio. Secondo il Market Specialist di GAM SGR, Carlo Benetti, non rendersi conto del cambiamento in corso potrebbe portare le Banche centrali a sottovalutare la disinflazione e, dunque, a conseguenze molto costose per l’attività economica e per gli Stati alle prese i loro debiti pubblici. Per Benetti, soprattutto in Europa, dove il livello obiettivo del 2 per cento del tasso di inflazione sembra essere ormai alle porte, sarà proprio la pressione del debito pubblico a spingere i Paesi più indebitati, tra cui l’Italia, a chiedere alla Bce di provvedere al taglio dei tassi di interesse. A questo si aggiunge che, sempre nel 2024, ci saranno degli importanti appuntamenti elettorali in Europa, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti d’America, motivo che spingerà i nuovi eletti ad ulteriori pressioni sulle banche centrali per contrastare l’alto costo del denaro, la debole domanda e la forte disoccupazione. Per l’esperto di GAM SGR si starebbe dunque tornando a uno scenario in cui il rischio e il rendimento hanno un prezzo che può ritenersi coerente con la realtà e in cui si annulla il lag time tra le decisioni delle politica monetaria e gli effetti che la stessa è in grado di produrre sullo stesso sistema. Per Benetti, infine, nel 2024 si assisterà ad una riduzione della crescita e della domanda oltre che ad calo dell’inflazione e dei rendimenti.