Roma, 15 ottobore 2024 – Il governo vuole chiudere in anticipo il cantiere della manovra 2025. Un decreto sulle coperture sarà stasera sul tavolo del consiglio dei Ministri inizialmente fissato solo per varare, sul filo di lana, il Documento programmatico di bilancio, da inviare a Bruxelles entro il 15 ottobre. Tra le partite più delicate c’è la questione dei cosiddetti ‘extraprofitti’, i profitti degli istituti di credito e delle grandi imprese, che dovrebbero in ogni caso essere chiamati a garantire il proprio ‘contributo’, come ha sentenziato nei giorni scorsi il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Ma cosa sono esattamente gli extraprofitti e quali sono i possibili contenuti della proposta di governo al riguardo?
Sommario
Extraprofitti: cosa sono e come si realizzano
Con il termine ‘extraprofitto’ si intende il ricavo addizionale dell’imprenditore, determinato dalla differenza fra il prezzo del bene o servizio e il costo medio di produzione. Gli economisti lo ritengono una condizione tipica delle forme di mercato non perfettamente concorrenziali, nelle quali il prezzo fissato di un bene risulta generalmente superiore al costo medio di produzione, generando perciò la rendita monopolistica. In Italia, le imprese maggiormente interessate dagli extraprofitti sono quelle che operano nel comparto energetico e delle assicurazioni.
Un caso particolare: gli extraprofitti delle banche
C’è poi l’extraprofitto bancario, che consiste nell’incremento improvviso dei profitti delle banche, legato soprattutto a eventi eccezionali come le variazioni della domanda di prodotti bancari, le politiche adottate dalle banche centrali o l’aumento dei tassi d’interesse - come quello deciso dalla Bce, nell’ultimo anno, per far fronte al rialzo dell’inflazione. In tal senso, il termine si riferisce, più precisamente, ai maggiori profitti che gli istituti di credito ricavano dall’aumento dei trassi d’interesse su mutui e prestiti. Nel caso delle banche, infatti, gli extraprofitti sono calcolati sul margine di interesse, ovvero sulla differenza tra interessi attivi (quelli che la banca incassa per aver concesso mutui o prestiti, in linea con i tassi Bce) e interessi passivi (quelli che la banca deve pagare ai propri clienti sui conti correnti o conti deposito). Gli extraprofitti, insomma, sono i maggiori guadagni incassati dalle banche grazie all’aumento dei tassi di interesse.
Maggioranza spaccata
Per garantire le coperture a una manovra che vale circa 25 miliardi, per il secondo anno di fila si è tornati sull’ipotesi di far contribuire al sacrificio i settori che, in questi anni, avrebbero generato i maggiori profitti. Le polemiche si sono riaccese all’indomani della proposta del vicesegretario della Lega, Andrea Crippa, il quale ha sostenuto la necessità di tassare gli extraprofitti delle banche che, a suo dire, “nell’ultimo biennio hanno segnato un +93% di utili”. Una dichiarazione in linea con quella rilasciata da Matteo Salvini qualche giorno fa a Pontida: "Far pagare i banchieri, non gli operai". Ma il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, ha prontamente liquidato la proposta come ‘roba da Unione Sovietica’. "Con noi non ci saranno mai tasse sugli extraprofitti delle banche", ha ribadito Tajani, puntualizzando che la manovra andrà discussa e concordata tra alleati. "Non sarà facile, ma la dobbiamo scrivere tutti assieme. Non c'è uno che la scrive e gli altri che l'approvano. Non si può imporre una tassa in base al principio degli extraprofitti. Devono dare un contributo concordato con il governo e dire come possono aiutare. Non deve essere per forza una tassa, può essere anche - il suggerimento del leader di Fi - una scelta di favorire, per esempio, più liquidità". Insomma, come sintetizzano anche da Noi moderati, il contributo richiesto a chi ha avuto condizioni più favorevoli "non può essere un tabù", ma dev’essere "una tantum e a certe condizioni".
Le ipotesi sulla proposta di governo, oggi al vaglio del Cdm
In attesa che il governo sveli le carte, da parte bancaria si confida che non ci sarà un intervento né sull'Ires né sull'Irap, ma un contributo sotto forma di intervento sulle Dta (imposte differite attive, pagate dagli istituti per le perdite su crediti e avviamenti) e sulle stock option. Si ipotizza anche un intervento sui fondi utilizzati per rafforzare il patrimonio bancario. In ogni caso, si starebbe cercando una convergenza sull'entità del contributo, il cui ammontare dovrebbe essere pari a 3-4 miliardi.