Milano, 26 marzo 2020 - Se le imprese non riapriranno al più tardi a metà aprile e a seguire i negozi, il sistema industriale dell’Italia – secondo Paese manifatturiero d’Europa e tra i primi dieci al mondo – rischia di subire un colpo talmente forte da non riuscire più a rialzare la testa e accelerare un declino che avrà ripercussioni sociali enormi con il pericolo che migliaia di lavoratori restino senza buste paga (e in futuro anche il posto) e debbano aspettare due mesi almeno per incassare dall’Inps gli assegni di cassa integrazione.
Se in tempo di Coronavirus al primo posto viene la salute, a lanciare l’allarme sul futuro a rischio dell’Azienda Italia – proponendo anche una exit strategy per il dopo-Covid-19 – è Giovanni Tamburi (foto sotto) che al declino dell’Italia non ha mai creduto tanto da investire da vent’anni con Tip (Tamburi Investment Partners, la prima merchant bank indipendente italiana) nelle imprese d’eccellenza del made in Italy. "Il cuore dell’Italia – spiega Tamburi – sono le imprese. È a loro che dobbiamo pensare per il bene del Paese e quindi a che cosa e come fare nel dopo-virus per evitare che questa tragedia umana si trasformi nella non così lontana deindustrializzazione completa dell’Italia".
La ripresa produttiva non sembra però così vicina e i sindacati hanno addirittura minacciato scioperi. "Tutte le imprese hanno adottato le tutele: guanti, mascherine, gel, distanziamento. Oggi si è a più rischio contagio facendo la spesa al supermercato che lavorando in una fabbrica o in un ufficio!". Quindi? "Quindi non possiamo permetterci di tenere chiuse le aziende ancora a lungo. Se si arrivasse a maggio sarebbe un disastro per le aziende, che già non fatturano da settimane, e per i dipendenti, e quindi le loro famiglie, privati del reddito. Se vogliamo evitare il disastro le imprese devono ripartire al massimo entro metà aprile, mese entro il quale, dando discrezionalità alle Regioni, andrebbero riaperti i negozi. Ma per favorire la ripresa servirebbe anche sblocco dei cantieri e varo di un piano casa".
La riapertura da sola non basterebbe però per sopperire ai danni economici già provocati in un Paese fermo per il Coronavirus? "Bisogna stabilire subito cosa in concreto si può fare, specialmente adesso che i vincoli dell’Europa si sono allentati facendo quella seria e organica politica industriale che è sempre mancata, con tutti i governi degli ultimi trent’anni".
Quali aiuti finanziari vanno dati alle imprese? "In primis un intervento fiscale con lo spostamento di tutte le scadenze fiscali e contributive a novembre, un abbassamento forfettario dell’Ires per il 2020 e per il 2021 al 10% e per quest’anno al 5% per il settore del turismo e del commercio retail. Per favorire la liquidità inoltre Sace dovrebbe garantire per legge al 90-95% tutte le operazioni di import-export e la Bce dovrebbe destinare immediatamente non meno di 300 miliardi alle banche chiamate a trasferirli all’economia reale".
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