Roma, 25 gennaio 2024 – La corsa per la guida di Confindustria, ripartita in maniera sotterranea subito dopo le feste, entrerà nel vivo ufficialmente giovedì primo febbraio, quando il consiglio generale di Viale dell’Astronomia provvederà a indicare per sorteggio i nomi dei tre saggi che comporranno la Commissione cosiddetta di designazione.
Le candidature
Spetterà a quest’ultima il compito di "ascoltare" territori e categorie e individuare fino a un massimo di tre candidature, alle quali potranno aggiungersi anche le autocandidature, a condizione che siano sottoscritte da almeno il 10% dei voti del consiglio generale composto da 183 membri: si tratta di raccogliere circa 20 firme tra i grandi elettori.
E evidente, però, che i giochi sono già in corso e che hanno avuto una prima accelerata nel mese di dicembre e che ne stanno avendo un’altra in queste settimane.
La conta dei voti
Ma, al momento, alla vigilia del primo passaggio formale, la fotografia della gara, secondo gli addetti ai lavori, è definibile in due fotogrammi. Innanzitutto, nessuno dei principali candidati informalmente in lizza (dai tre vicepresidenti, Emanuele Orsini, Alberto Marenghi e Giovanni Brugnoli, ai due outsider, Edoardo Garrone e Antonio Gozzi) ha oggi in tasca i voti per diventare il nuovo presidente di Confindustria. In secondo luogo, allo stato, sono sicuramente avanti nei potenziali consensi Orsini, l’imprenditore emiliano del legno e dell’alimentare, e Garrone, presidente del Gruppo Erg e del Sole24Ore. Con il corollario che entrambi si stanno muovendo alla ricerca di alleanze con gli altri industriali in ballo (oltre che con i grandi sponsor dell’associazione) in vista della volata finale.
Le alleanze
Il quadro degli orientamenti dà, secondo gli ultimi aggiornamenti del tabellone, Garrone sostenuto dalla potente Assolombarda, (e, dunque, dal presidente uscente Carlo Bonomi), Piemonte, metà del Veneto, Varese, la Liguria (dove, però, ci sarà da fare i conti con Gozzi, imprenditore dell’acciaio con Duferco e presidente di Federacciai, il quale proprio ieri sera ha confermato la sua disponibilità a candidarsi). Con Orsini, invece, stanno gli emiliani, metà Toscana, metà Veneto, una parte consistente del Lazio.
Se passiamo alle possibili alleanze, Garrone, che ha il favore di Emma Marcegaglia, che è stata la principale artefice della sua candidatura (per quanto ancora informale), punta a un accordo con il mantovano Marenghi, che garantisce le piccole imprese e che potrebbe attrarre voti anche dal Sud. Con Orsini, invece, potrebbe schierarsi Gozzi: il che significherebbe riuscire a ottenere anche l’appoggio dell’ex presidente Antonio D’Amato. Il quale, a sua volta, potrebbe portare in dote una larga fetta di consensi dal Sud, ma non solo.
L’importanza del voto
Dunque, la grande partita per la guida di Confindustria sembra entrata nel vivo con una competizione che potrebbe portare a una conta fino all’ultimo voto. Il che si spiega, in questa fase, anche con quella che viene considerata la posta in palio per i prossimi anni. Il prossimo mandato del futuro numero uno della più rilevante organizzazione italiana degli imprenditori, coinciderà con la nuova legislatura europea e con il conseguente rinnovo degli organismi dell’Ue e, soprattutto, della Commissione, dopo gli anni dominati, per quel che riguarda l’impostazione della transizione green e delle politiche industriali conseguenti, dal contestato vicepresidente Frans Timmermans, autore di provvedimenti che hanno fortemente penalizzato l’industria europea e italiana in particolare. Dunque, il nodo del destino della grande industria diventa, in questa prospettiva, sempre più significativo.