Roma, 7 gennaio 2023 – La parità di genere non è un’opinione. Ma se da rosa la ‘quota’ (che poi quota non è) diventa blu, le cose cambiano. Con 580mila donne su su 700mila docenti di ruolo in cattedra lo scorso anno scolastico (2021/22) – stando alle ultime rilevazioni registrate sul Portale dati del Ministero dell’Istruzione e del Merito – è stata raggiunta la percentuale complessiva più elevata di insegnanti donne nelle scuole statali: 83 su 100.
Insegnanti donne
Numeri che storicamente si sono concentrati principalmente alla scuola dell’infanzia, dove la percentuale di insegnanti donne supera il 99%, e alla primaria (96%) ma che, nel tempo, sono aumentati anche nei gradi successivi: 78% alle medie, 67% negli istituti superiori. La scalata è arrivata a intaccare anche la dirigenza fino a coprire nel 2015 il 66,2% dei posti disponibili riducendo, con un primo sorpasso, la quota maschile di presidi, prima preponderante (nel 1998-99 gli uomini capi d’istituto erano il 62,7%, quasi 2 su 3), a un terzo del totale (dati Tuttoscuola).
La quota blu nel concorso
Un’inversione del rapporto di genere non priva di conseguenze tanto che nella bozza del bando per il prossimo concorso ordinario per dirigenti scolastici da 587 posti, la nuova misura volta a incentivare l’equilibrio di genere per la prima volta viene declinata al maschile. "Considerate le percentuali di rappresentatività di genere in ciascuna regione, – si legge nella bozza – viene garantito l’equilibrio di genere applicando nelle regioni in cui il differenziale tra i generi è superiore al 30 per cento, il titolo di preferenza in favore del genere maschile in quanto meno rappresentato".
La situazione regione per regione
Una soglia che – ad eccezione della Sardegna (differenziale pari al 23,5%) – viene superata nelle restanti 15 Regioni oggetto di concorso: Abruzzo (65,32%), Calabria (35,84%), Campania (57,96%), Emilia-Romagna (41,38%), Friuli Venezia Giulia (41,34%), Lazio (55,98%), Liguria (34,64%), Lombardia (36,14%), Marche (42,86%), Piemonte (35,78%), Puglia (43,36%), Sicilia (50,28%), Toscana (35,7%), Umbria (55,74%) e Veneto (32,16%). Il bando ha dovuto attenersi al nuovo Regolamento Concorsi Pubblici (DPR 82/2023), entrato in vigore lo scorso 14 luglio. A parità di titoli e di merito fra i concorrenti dichiarati idonei nella graduatoria l’ordine di preferenza – dopo invalidi, orfani dei caduti, maggior numero di figli a carico, ecc. – indica in 12esima posizione, prima del criterio dell’età anagrafica, l’appartenenza al genere meno rappresentato nell’amministrazione che bandisce la procedura in relazione alla qualifica per la quale il candidato concorre.
Il “no” dei sindacati
Subito ribattezzata ‘quota blu’ la misura non piace ai sindacati. Per il segretario generale della Uil Scuola Rua, Giuseppe d’Aprile si tratta di "un passo indietro" che "introduce meccanismi di falsa uguaglianza". Critico anche il presidente nazionale Udir, Marcello Pacifico: "Applicando alla scuola questa norma, nata per garantire l’accesso della donna a tutti gli incarichi nel pubblico impiego, si tradisce il suo fine, trasformandola in una tutela delle quote blu che non ha motivo di essere". “Si tratta di una misura assolutamente equilibrata ma del tutto marginale negli effetti – ribatte il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli –. Non si arriverà quasi mai ad assumere sulla base di questa preferenza. È più una misura di principio, principio sul quale sono assolutamente d’accordo perché se si parla di parità di genere parità deve essere".