Roma, 23 ottobre 2023 – Per andare in pensione in anticipo nel 2024 non servirà solo un anno in più (da 62 a 63 anni) rispetto al 2023, con il passaggio da Quota 103 a Quota 104, ma chi vorrà andarci subirà anche una penalizzazione sull’importo dell’assegno, mentre chi vi rinuncerà potrà ottenere un premio con la trasformazione di una quota dei contributi in stipendio. Il che significa che la stretta sui pensionamenti anticipati (con la fine di Opzione donna e i vincoli più stringenti per l’Ape sociale) sarà anche più drastica di quanto annunciato al momento del varo della legge di Bilancio. Anche perché si estenderà, secondo le ultime versioni della manovra, fino all’eliminazione dei contratti di espansione.
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Il taglio del cuneo
Come spiegano fonti bene informate del governo, la decisione di confermare il taglio del cuneo, insieme con il varo del primo modulo della riforma dell’Irpef, ha finito per assorbire la quasi totalità delle risorse utilizzabili per i capitoli sociali, del lavoro e delle pensioni. Il risultato è che per gli interventi di flessibilità in uscita sono rimasti non più di 300 milioni di euro. Una dote limitatissima. Tanto che al ministero del Lavoro sono stati costretti a fare buon viso a cattivo gioco, perché di fatto sono stati tenuti ai margini delle scelte in materia, tutte facenti capo direttamente a Palazzo Chigi e al Ministero dell’Economia. E, del resto, è più che eloquente il silenzio della Lega sul pacchetto previdenza. Da sempre per il superamento della Fornero, i vertici del Carroccio devono accettare un compromesso al ribasso notevole.
Quota 104
L’effetto concreto della scarsità di risorse destinate alla flessibilità in uscita è stato quello di non poter confermare neanche le formule previste per l’anno in corso, ma di dover stringere i bulloni ulteriormente. Da qui il passaggio da Quota 103 (composta da 62 anni di età e 41 di contributi) a Quota 104 (composta da 63 anni di età e 41 di contributi). Ma, a ridurre la platea dei possibili candidati a lasciare il lavoro, oltre che l’aumento di un anno dell’età contribuirà sicuramente anche il doppio meccanismo penalizzazionipremi per coloro che andranno via o che resteranno al lavoro. Per i primi sarà previsto un taglio dell’assegno con l’applicazione di un coefficiente che riduce il peso della quota retributiva. Per i secondi, al contrario, verrà confermato il bonus valido anche quest’anno che prevede un incremento della busta paga di circa il 10 per cento, pari ai contributi a carico del lavoratore che non saranno più versati all’Inps.
Ape Sociale
A contribuire alla stretta sulle uscite anticipate è anche il drastico giro di vite previsto per l’Ape sociale. La nuova formula fissa i contributi richiesti per tutti a 36 anni (35 per le donne), con la conseguenza di escludere un’ampia fetta di lavoratori gravosi o in condizioni disagiate (invalidi, caregiver, disoccupate) che avrebbero potuto ricorrere alla via d’uscita. Non si sa, per di più, se per le lavoratrici verrà mantenuto il bonus che permette di ridurre gli anni di contribuzione di dodici mesi per ogni figlio, fino a due.
Opzione donna
La cancellazione di Opzione donna anche nella versione ridotta e limitata operativa quest’anno, a sua volta, fa saltare tutte le possibilità di uscita per un’altra fetta di lavoratrici. Non potranno più utilizzare questo canale, per quanto ristretto, le lavoratrici con 35 anni di contributi che raggiungano i 58-60 anni nel 2024.
Contratti di espansione
Niente da fare, a quanto sembra, anche per i contratti di espansione ai quali potevano ricorrere le attività produttive in crisi con esuberi di personale vicino alla pensione.