La tigre potrebbe tornare a ruggire prima del previsto. Anzi, in effetti si sta già schiarendo la gola. E se, accanto all'allentamento della pressione della pandemia sulla società cinese, alla massiccia ripresa degli incentivi statali a settori come l'edilizia e le tecnologie digitali e a un quadro inflattivo ben meno sfidante del nostro, considerassimo anche gli effetti di un conflitto russo-ucraino che pesa tanto sull'Occidente e meno sull'Oriente, parlare di una Repubblica Popolare Cinese in crisi diventerebbe uno sterile esercizio di stile. O, peggio, di propaganda.
L'anlisi dell'esperto
Già, perché i numeri parlano chiaro e, stando alla lettura dei dati fornita da un esperto in materia come lo head of Investments China di Robeco, Jie Lu, “la drastica svolta politica cinese alla fine del 2022, con l'adozione di un programma pro-crescita e l'abbandono delle misure 'zero Covid', ha creato i presupposti per una ripresa sostenuta dei suoi tormentati mercati azionari". Una mossa, questa, che ai tormenti pare avere posto un freno efficace. Da un lato “smentendo la tesi degli scettici, secondo cui le autorità politiche cinesi avrebbero inaugurato una repressiva era glaciale a livello economico” e, dall'altro, facendo fruttare questa ritrovata flessibilità strategica per “gettare le basi per una crescita nel 2023, dopo tre anni di stagnazione e incertezza”.
Il mercato immobiliare
Certo, sul campo restano pure le solite ombre, legate alla “persistente assenza di fiducia nel mercato immobiliare” (ricordate le metropoli/dormitorio fantasma edificate nello spazio di pochi mesi e disertate da chi avrebbe dovuto abitarle?) e alle “perturbazioni causate dall'improvvisa 'exit strategy' del paese dal Covid”. Ma il punto, per Jie, è che nonostante tutto “il pragmatismo e la natura esaustiva delle misure politiche previste per il 2023 ci rendono fiduciosi del fatto che la Cina si sia lasciata il peggio alle spalle nel terzo trimestre 2022".
Inflazione cinese bassa
Proprio per questo, quindi, l'analista sostiene convintamente che “sia arrivato il momento giusto per aumentare l'esposizione alle azioni cinesi attraverso una strategia di investimento attiva". Sulla scorta di una più volte ribadita “confluenza di fattori macroeconomici favorevoli alla crescita”, come “la politica fiscale espansiva, la possibilità di un ulteriore allentamento monetario, la riapertura dell'economia e il sostegno politico complessivo al settore immobiliare”. A ben guardare, e a voler essere sarcastici, un elenco in netta controtendenza a quello che faremmo se parlassimo di Europa, a partire da un fronte monetario caratterizzato da “un'inflazione molto bassa in Cina, al di sotto del 3%” e da un “rafforzamento dello yuan cinese rispetto al dollaro Usa a inizio anno”. Tutte cose che noi ci sogniamo, con la necessità di stabilizzare il settore immobiliare (“la maggior parte degli interventi si concentra sul lato dell'offerta, affrontando i problemi di liquidità attraverso il sostegno sui finanziamenti obbligazionari e azionari e sulle linee di credito”) che servirà proprio per aiutare il sistema Cina ad “allentare la politica monetaria quando l'economia uscirà definitivamente dall'isolamento causato dal Covid”.
La crescita
Ma l'allentamento in realtà è già iniziato, se è vero che i dati della Banca Popolare Cinese (PBoC) sulla crescita dei prestiti bancari di dicembre già ne rilevano i primi segnali. Mentre in futuro “l'impulso al credito aumenterà, grazie alla ripresa del settore privato e all'impulso politico” e “le piccole e medie imprese, la finanza verde e la tecnologia continueranno a godere di un certo sostegno”. Senza contare che “dal punto di vista fiscale, si prevedono una spesa infrastrutturale costante, finanziata da un aumento degli accantonamenti per le specifiche obbligazioni degli enti locali e, potenzialmente, un ampliamento dell'obiettivo di deficit fiscale per sostenere la crescita". Una crescita che, come detto, passerà anche dal giro d'affari delle nuove case, per sostenere la cui domanda “sono state allentate le restrizioni all'acquisto di abitazioni in città come Hangzhou, Xiamen, Nanjing e Wuhan”. Per “una combinazione di sostegno politico mirato al settore immobiliare e di condizioni monetarie più allentate” che “creerà una soglia minima dei prezzi nel 2023”.
La digital economy
Altro fronte caldo, poi, è quello della digital economy, che per Jie resta “un pilastro dell'economia cinese e negli ultimi due decenni ha svolto un ruolo fondamentale nell'incentivare la crescita, promuovere l'innovazione e ridurre i prezzi al consumo”. Prova ne sia, una volta di più, come l'ambito di afferenza di colossi globali come Alibaba e TikTok sia stato identificato “come un fattore di crescita” anche nel 14esimo Piano quinquennale varato da un Partito Popolare la cui guida, quella di uno Xi Jinping al terzo mandato segretariale (un unicum dopo il 'Grande Timoniere' Mao), non è mai stata tanto solida. In conclusione, analisti come jie sono più che fiduciosi sul fatto che le nuove misure adottate dal governo cinese "dovrebbero consentire al Paese di riprendere il cammino della crescita, potenzialmente oltre il 5%”. Riservandosi ancora maggiore ottimismo sul fronte del mercato interno, visto che “i temi a lungo termine in cui riteniamo che si trovi attualmente il valore sono la crescita dei consumi, l'economia verde, l'innovazione tecnologica e la crescita della capacità produttiva industriale”. Tutti pezzi forti della ricetta del fu Celeste Impero.