Hong Kong, 1 novembre 2023 – Jing ha trentadue anni, una laurea in ingegneria, un marito sviluppatore, e nessuna intenzione di avere figli: “costa troppo, al momento non è nei programmi”. Jing sta facendo un lungo viaggio in Thailandia per “riprendersi dagli anni del Covid”, e come lei, milioni di turisti provenienti dalle principali città della Cina. Nella società cinese, l’educazione dei bambini ricopre un ruolo talmente determinante, che i genitori arrivano a spendere fino al 50% dei propri redditi in istruzione, grazie a corsi extra-scolastici (ora limitati dal governo). Jing fa parte di una generazione di cinesi che avrà un figlio, o forse non ne avrà affatto. A seguito della controversa e violenta politica del figlio unico, integrata con riforme economiche, educative ed industriali, la Cina è riuscita a sostenere una crescita economica e sociale senza precedenti nel mondo, riducendo drasticamente il tasso di crescita della popolazione, ma oggi questa dinamica - secondo alcuni analisti - potrebbe generare un importante impatto sociale ed economico. Attualmente, la popolazione della Cina è stimata a 1.425.671.352 miliardi di persone, equivalente al 17,72% della popolazione mondiale totale, e secondo Paese al mondo per popolazione, dopo l’India. La popolazione è cresciuta, e continua a crescere, ma a partire dal 2016, il numero di nuove nascite ha iniziato a diminuire aumentando le preoccupazioni sull'invecchiamento della popolazione. Il trend delle nascite è direttamente proporzionale ai matrimoni. Nel 2022 la Cina ha registrato 6,84 milioni di matrimoni, con una diminuzione del 10% dal 2021, un trend in discesa dal 2012. Le nascite sono direttamente collegate al matrimonio poiché in Cina i diritti legati all’ambito sanitario, assicurativo, educativo dei bambini sono associati allo stato matrimoniale dei genitori e le giovani coppie sono incentivate, dalle stesse politiche pubbliche, a sposarsi. Il matrimonio è sempre stato visto, nella politica del Partito Comunista Cinese, come un percorso utile al perseguimento dell’interesse generale della società cinese. Uomini sposati (o conviventi) sono meno portati a delinquere, e queste statistiche sono note al Governo, che incoraggia, da sempre, il matrimonio. Nella primavera di quest’anno, il Governo di Pechino ha avviato alcuni progetti pilota in 20 città della Cina, per promuovere il matrimonio attraverso l’incoraggiamento di nuove “buone pratiche” come scoraggiare la necessità della dote, e incoraggiare un miglior bilanciamento nelle responsabilità genitoriali tra madre e padre. I dati di fertilità della Cina sono del tutto simili a quelli di economie avanzate, come il Giappone, la Corea.
Il tasso di fertilità della Cina è sceso a un minimo record stimato di 1,09 nel 2022, il più basso di qualsiasi paese con una popolazione superiore a 100 milioni, ma del tutto simile a quello di economie avanzate nella regione, come Hong Kong, Corea del Sud, Singapore, che presentano tassi anche inferiori. Mentre nel mondo Occidentale si lancia l’allarme al declino demografico della Cina, nel contesto asiatico la diminuzione delle nascite non sembra allarmare più di tanto i cittadini. Anche la Thailandia, che presenta un GDP procapite ben inferiore a quello della Cina, presenta un tasso di fertilità comparabile a quello di economie avanzate come l’Italia. In questi Paesi avere un figlio è considerato sufficiente, averne due è considerato relativamente “inusuale” e non averne alcuno è ormai socialmente accettato, almeno nei contesti urbani. In Thailandia la pillola anticoncezionale è distribuita gratuitamente a tutte le donne, e i cittadini hanno diritto a dieci preservativi gratuiti a settimana. In un contesto sociale di questo tipo è facile capire quanto diversamente sia visto il concetto di genitorialità, rispetto all’Occidente o Paesi in via di sviluppo. Ci sono molti elementi culturali che condizionano le scelte delle persone, e la libertà di avere o non avere figli è una delle conquiste più rilevanti di questo secolo. Discernere tra scelte e obblighi, sarà la sfida del prossimo.