Che ne siamo consapevoli o no, probabilmente tutti noi abbiamo già interagito con un chatbot. Ad esempio, quando siamo al computer alla ricerca di un prodotto e una finestra si apre improvvisamente sullo schermo, chiedendo se abbiamo bisogno di aiuto. Oppure, se ci siamo rivolti al servizio clienti di un brand per segnalare un prodotto difettoso o usufruire di una guida online. O ancora, se abbiamo usato i comandi vocali per ordinare un panino al bar e ci sono state fornite le informazioni sul tempo di attesa dell’ordine e relativo importo.
Sono alcuni dei numerosi casi in cui potremmo esserci imbattuti in un chatbot, ovvero in un software progettato per simulare una conversazione con un essere umano. Comparsi, in forma assai rudimentale, all’inizio degli anni Novanta (ma era stato il grande matematico Alan Turing, nel 1950, a intuirne per primo caratteristiche e potenziale), i chatbot si stanno progressivamente evolvendo, tanto da configurarsi come veri e propri assistenti digitali, guidati dall’intelligenza artificiale. Ma vediamo nel dettaglio come si utilizzano e quali potrebbero esserne gli sviluppi futuri.
Cos’è un chatbot e come funziona?
Come già anticipato, il chatbot consente agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale. Ne esistono due tipi principali: quelli dedicati alle attività (o dichiarativi) e quelli idonei alla conversazione (o predittivi). I primi sono programmi monouso che si concentrano sull'esecuzione di una funzione e generano risposte automatizzate alle richieste degli utenti. Le interazioni con i chatbot dichiarativi sono altamente specifiche e strutturate, per lo più applicabili a funzioni di assistenza e servizio.
Sono software in grado di gestire domande frequenti e semplici, ad esempio quelle che riguardano gli orari di accesso a un luogo, o semplici transazioni che non coinvolgono un numero eccessivo di variabili. Le loro capacità, insomma, sono assai limitate. Assai più sofisticati sono quelli predittivi, perché consapevoli del contesto di riferimento e muniti di capacità di comprensione della lingua naturale, di elaborazione del linguaggio e di intelligenza artificiale per apprendere. Sono in grado di applicare intelligenza predittiva e analisi dei dati per consentire la personalizzazione in base ai profili degli utenti e al comportamento degli utenti precedenti. Gli assistenti digitali possono imparare nel tempo le preferenze di un utente, fornire raccomandazioni e persino anticipare le esigenze. Oltre a monitorare i dati e le linee guida, possono avviare conversazioni. Siri di Apple e Alexa di Amazon sono esempi di chatbot predittivi, orientati al consumatore e basati sui dati immessi in precedenza.
Il valore aggiunto dei chatbot per aziende e clienti
L’esplosione dei chatbot negli ultimi anni è dovuta a diverse ragioni, prima fra tutte l’aumento dell’efficienza dei servizi a dipendenti e clienti senza costi aggiuntivi. Utilizzando i chatbot, un'azienda o un ente può fornire un servizio simile a quello umano a milioni di persone contemporaneamente: se si avvalesse di persone in carne e ossa, invece, potrebbe servire contemporaneamente solo un numero limitato di persone. I chatbot sono diventati popolari, dunque, perché riducono tempi e costi delle aziende e garantiscono agli utenti un’interfaccia di conversazione attiva 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Chat Gpt-3: l’evoluzione del chatbot
È il chatbot basato su intelligenza artificiale più famoso del momento: rilasciato il 30 novembre 2022 dal laboratorio di ricerca di Open-AI (istituto che ha visto tra i suoi fondatori, nel 2015, Elon Musk e altri ‘big’ del tech americano, fra cui Amazon web services), è già considerato un validissimo esempio di come l’intelligenza artificiale sconvolgerà le nostre vite. Munito di abilità cognitive potenziate e di una capacità di apprendimento automatico ‘da primo della classe’, Gpt-3 è stato definito ‘il progresso digitale più importante degli ultimi anni’. È in grado di usare il linguaggio e interagire con l’utente non in maniera elementare e sterotipata, ma come un fine intellettuale; inoltre simula perfettamente la scrittura umana, creando testi originali, articoli o lettere di referenza. Proprio per il suo livello così avanzato – e la relativa facilità d’uso - è stato già proibito in diversi Atenei del mondo.
Che futuro ci attende?
Le eccellenti prestazioni di Gpt-3 si devono al lavoro di diversi istruttori, i quali hanno contribuito e continuano a contribuire allo sviluppo delle funzioni di apprendimento, migliorando, con i loro feedback, le performance della macchina. Al di là del rischio che anche questo strumento – come altri ritrovati della tecnologia informatica apparentemente innocui, tra cui e-mail e messaggi di testo – sia utilizzato per veicolare contenuti malevoli o produrre fake news, quel che è certo è che i chatbot rivoluzioneranno i settori in cui è previsto un confronto umano.
Quanto al pericolo che prendano il sopravvento sugli esseri umani, generando scenari degni di un film di fantascienza, è ancora di là da venire: secondo gli esperti di neuroscienze, il modo in cui si acquisiscono, elaborano e memorizzano le informazioni è in gran parte sconosciuto anche per gli esseri umani. Inoltre, l’empatia, le emozioni e i sentimenti che influenzano inevitabilmente i nostri processi di apprendimento rappresentano tuttora una discriminante capace di distinguerci anche dalla macchina più sofisticata e intelligente.