Domenica 22 Dicembre 2024
REDAZIONE ECONOMIA

Cessione del credito: cos’è e come funziona

Di che cosa si tratta e come si attua? Ecco tutto quello che è necessario sapere nel merito della cessione del credito

Crediti iStock - La cessione del credito

Uno degli scenari più temuti da parte di un qualunque imprenditore (o soggetto in generale) è quello in cui non si sia più in grado di gestire i propri crediti inesigibili, ovvero quegli importi che un creditore non riesce più a riscuotere da parte del debitore. In una situazione simile, piuttosto complessa, non è da escludere che si possa sfruttare uno strumento chiamato cessione del credito.

Che cos’è la cessione del credito

Cedendo il credito (aziendale o personale) nel concreto si raggiunge un accordo tramite il quale il diritto di credito di un determinato soggetto (il cedente) viene di fatto trasferito ad un acquirente terzo (il cessionario) che lo andrà ad acquistare ad un certo prezzo. Fatto ciò, questo secondo soggetto potrà procedere a riscuotere il debito nei confronti del debitore (o ceduto). Lo strumento può essere applicato per tutti i crediti deteriorati (ovvero: quelli che difficilmente verranno riscossi dal creditore, di norma sono quelli scaduti da almeno tre mesi, già oggetto di svariati tentativi di recupero), sia che siano di natura finanziaria sia che siano di natura commerciale. Per quanto riguarda in maniera più puntuale la legge italiana, è importante ricordare che questa casistica è normata dall’art.1260, che recita: “Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge. Le parti possono escludere la cedibilità del credito; ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione.”  

Le tipologie di cessione del credito

Esistono essenzialmente due possibilità riguardanti l’istituto della cessione, che può essere “pro soluto” o “pro solvendo”. Nel primo caso, il cedente può eventualmente non rispondere dell’inadempienza del debitore. Nel secondo il cedente assicura la sussistenza del credito e risponde dell’eventuale inadempienza del debitore: se quest’ultimo dovesse risultare inadempiente, dunque, potrà richiedere la somma spettante al cedente, rivalendosi così su di esso. Il cedente, insomma, non sarà obbligato ad assicurare la solvibilità del debitore nel caso della cessione a credito pro soluto. Nella cessione pro solvendo, al contrario, sarà il cedente a dover sborsare la somma dovuta a fronte delle mancanze del debitore ceduto.

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Come funziona la cessione pro soluto e perché è conveniente

Non è necessario che il debitore accetti il trasferimento del debito a titolo oneroso o gratuito da parte del creditore nella cessione pro soluto, a meno che il debito non sia di natura personale o non sia vietato dalla legge. Cedendo un credito pro soluto, l’unica condizione necessaria che deve sussistere è l’esistenza del credito, e non la sua solvibilità. Sarà solo ed esclusivamente il soggetto acquirente il responsabile del rischio dell’inadempimento. Con questo strumento, molto utile, è insomma possibile usufruire della deducibilità delle perdite sui crediti inesigibili: in parole povere, defiscalizzando gli importi che non potranno essere recuperati si andranno a pagare meno imposte. Non è un caso che, alla luce di quanto spiegato fino a questo punto, si tratti di una pratica piuttosto diffusa a livello commerciale in quanto particolarmente vantaggiosa.  

Quando è possibile usufruirne

Esistono evidentemente alcune condizioni precise affinché questo tipo di operazione possa essere completata. Il cedente deve infatti possedere la titolarità del diritto che vuole trasferire. In aggiunta, tale diritto deve rientrare per forza di cose nel novero di quelli effettivamente disponibili. Questo è il motivo per cui il credito non può avere una natura personale (oltre al fatto che il trasferimento deve essere previsto dalla legge): si pensi proprio da questo punto di vista alla casistica relativa ai crediti definiti “alimentari”, che non possono in alcun caso essere oggetto di cessione.  

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Per il resto, la cessione ha effetto nei confronti del debitore-ceduto se quest’ultimo l’ha accettata, o quando gli è stata notificata: affinché ciò avvenga è fondamentale che quest’ultimo soggetto ne abbia ricevuto comunicazione formale, attraverso una raccomandata con ricevuta di ritorno o tramite PEC. Affinché la cessione diventi opponibile al debitore la notifica è da considerarsi come condizione fondamentale.

Gli effetti e le conseguenze

Cedendo il credito tramite apposito contratto il cessionario riceve i medesimi obblighi e diritti che aveva il debitore. Va comunque ricordato che il cessionario riceverà, allo stesso modo, anche i privilegi e le garanzie ad esso pertinenti, secondo quanto sottolineato dall’art. 1263 del nostro Codice Civile. Inoltre, il terzo cessionario guadagna i rischi connessi alla cessione: è il caso dell’inesistenza del credito o dell’inadempimento del debitore. Non è dunque da escludere la possibilità che, per potersi tutelare in vista di possibili problemi futuri, il creditore ceduto possa trovarsi obbligato a fornire determinate garanzie (che devono essere assicurate in modo particolare se il trasferimento viene effettuato a titolo oneroso del credito). Al contrario, se la cessione dovesse avvenire a titolo gratuito non sono solitamente richieste garanzie di sorta. Come si è visto, esistono due possibili scenari, ovvero la cessione pro soluto e quella pro solvendo: nella prima, il creditore responsabile della cessione del credito è responsabile solo dell’esistenza dello stesso, mentre nella seconda è responsabile allo stesso tempo anche della solvibilità del debitore ceduto. Nello scenario della cessione pro solvendo, a proposito, il cessionario potrà rivalersi totalmente o parzialmente del pagamento che sta attendendo dal creditore che ha trasferito il debito in prima battuta.  

Cos’è cambiato a partire dal febbraio 2022

La cessione del credito (tramite la banca) sulle spese collegate ai bonus casa (si pensi ai lavori di ristrutturazione, o quelli di adattamento a livello di efficienza energetica) è stata abrogata a partire dal 17 febbraio 2023 secondo il Decreto Cessioni 38/2023, convertito in legge l’11 aprile 2023. C’è però ancora la possibilità di usufruirne in alcuni casi specifici. Le eccezioni fanno riferimento all’eliminazione delle barriere architettoniche, alla rimessa a nuovo di tutti gli immobili danneggiati da alluvioni e terremoti, agli edifici dell’IACP (l’Istituto Autonomo delle Case Popolari), delle ONLUS e delle Cooperative di abitazione, oltre ai i lavori di riqualificazione urbana.