Adeguare milioni di case degli italiani alle nuove norme green in discussione a Bruxelles, con il passaggio degli edifici residenziali alla classe energetica E entro il 2030 e alla D entro il 2033, oltre al non facile rispetto dei tempi per l’esecuzione dei lavori, comporterebbe un esborso enorme. Una cifra che qualche tempo fa Nomisma aveva calcolato vicina a quella del Pil annuale del nostro Paese e comunque stimata attorno ai 1.400 miliardi con un risparmio energetico (gas ed elettricità) intorno ai 60 e una spesa media di 50mila euro.
Case green, quanto valore hanno perso le vecchie abitazioni dopo la direttiva europea
Caro bollette: quanto si può risparmiare con il fotovoltaico e come
La patente energetica
Gli edifici dal punto di vista dell’efficienza energetica sono suddivisi in dieci classi. Dalla classe A di eccellenza, a sua volta articolata in quattro sottoclassi (A4, A3, A2, A1), per passare alla B, alla C e via via fino alla G, quella con le prestazioni peggiori. Ogni classe presenta un punteggio (da 10 della A4 al minimo di 1 della G) e viene determinato in base ai consumi energetici dell’edificio che per la classe migliore deve essere al massimo uguale o inferiore a 0,40 Ep, l’indice di prestazione energetica. Il che significa che gli immobili in questa fascia vengono definiti anche a "energia zero", con consumi inferiori a 30 kwh per metro quadro all’anno. La classe E prevede un consumo massimo inferiore o uguale a 2,60 Ep e la D a 2 Ep mentre per la F il consumo massimo arriva fino a 3,5 e per la G non ci sono limiti.
Un patrimonio edilizio energivoro
Oggi per costruire un edificio il requisito minimo è la classe D ma ormai le nuove realizzazioni guardano sempre più alle classi A. Il modo per conoscere la classificazione energetica di un immobile è quello di ottenere, da un tecnico certificato, l’Ape (Attestato di prestazione energetica) obbligatorio solo per le compravendite, gli affitti e i lavori edilizi agevolati dai bonus fiscali. Per questo non è facile stimare in quali classi siano tutte le case degli italiani. Da dati Istat e Cresme comunque, su circa 12,5 milioni di edifici residenziali, 7,16 sono precedenti al 1970 e 11,2 hanno più di trent’anni. L’Italia quindi ha ancora un parco immobiliare caratterizzato da edifici fortemente energivori e dal monitoraggio Enea-Cti relativo agli Ape emessi nel 2020 era emerso che il 75,4% riguardava immobili residenziali in classe E, F e G. Ci sarebbero quindi ancora 4,5 milioni di edifici in classe G bisognosi di una ristrutturazione radicale e costosa e quasi 3,2 milioni in F, per cui gli interventi di adeguamento sarebbero un po’ meno impegnativi.
Il salto di classe
Per passare dalla classe G alla classe F si può iniziare con l’installazione di un impianto di riscaldamento moderno, la sostituzione degli infissi e la coibentazione dei muri. Per salire dalla F alla E sostituire i vetri con quelli termici e installare termostati intelligenti. Anche per passare dalla E alla D è bene intervenire su infissi, isolamento e termostati mentre per raggiungere le classi superiori servono interventi più incisivi, dalle caldaie a condensazione o le pompe di calore alla coibentazione dell’edificio (almeno 10 cm di cappotto) fino all’installazione di pannelli solari e/o impianti fotovoltaici.
La spesa
I costi dipendono ovviamente dall’edificio: appartamento, villette, condominio e dai lavori da eseguire. Se la spesa per una nuova caldaia a condensazione per un appartamento si limita a 2-3mila euro, per una pompa di calore si può raddoppiare. L’isolamento (tetto e cappotto) potrebbe costare invece almeno 15mila euro e tra 30 e 35mila un impianto (pannelli solari, pompa calore e fotovoltaico) per una villetta. Quindi per mettersi in regola, si parte da poco meno di 20mila euro per salire in media a circa 50mila e andare oltre per gli edifici più vecchi. Investimenti ancora agevolati dai bonus fiscali, dal superbonus (ridotto al 90%) agli ecobonus dal 50 al 75% mentre da quest’anno non esiste più il bonus facciate.