Roma, 21 aprile 2024 – Le lavoratrici madri della pubblica amministrazione con due o più figli riceveranno, con il cedolino di maggio, il cosiddetto bonus mamma, compresi gli arretrati da gennaio, per un ammontare complessivo che potrà arrivare fino a 750 euro netti in più. E così, dopo le lavoratrici del settore privato, anche quelle pubbliche otterranno l’aggiunta retributiva prevista dalla legge di bilancio per quest’anno a sostegno delle politiche della natalità e rimasta al palo fino a questo momento. A determinare il ritardo dell’avvio dell’operazione una serie di pastoie burocratiche che sono state risolte solo nelle settimane scorse. E, dunque, anche le dipendenti pubbliche con contratto a tempo indeterminato, con due o più figli, potranno contare dal prossimo mese sullo sgravio. A ben vedere, infatti, il bonus è il risultato dell’azzeramento dei contributi previdenziali a carico del lavoratore corrispondenti al 9,19% della retribuzione, fino a un massimo di tremila euro lordi annui: il che corrisponde a un incremento dello stipendio che può arrivare a circa 150 euro netti mensili. Ma vediamo a chi spetta, nello specifico, il surplus retributivo. "L’esonero per i periodi di paga dal primo gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 – scrivono dall’Inps in una circolare – trova applicazione, per le lavoratrici madri di tre o più figli, fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, e per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, anche per le lavoratrici madri di due figli, fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo". Dunque, sono escluse le lavoratrici mamme con un contratto a tempo determinato mentre hanno diritto al bonus quelle con un contratto di somministrazione o che sono in apprendistato. Sono escluse le lavoratrici autonome che quindi pagheranno interamente la loro contribuzione. Se un contratto a termine viene convertito a tempo indeterminato il bonus per la lavoratrice madre scatterà in quel momento.
A conti fatti, la platea delle lavoratrici madri del settore privato con almeno tre figli, di cui uno sotto i 18 anni, è di oltre 110mila unità, mentre quelle con due figli, di cui uno con meno di 10 anni, rasentano le 600mila unità. Nel pubblico impiego, invece, hanno diritto al bonus in 150mila unità. Certo è che, come nel privato, anche nel pubblico, il bonus non scatta in automatico: occorre fare richiesta, comunicando i codici fiscali dei figli all’Inps attraverso il datore di lavoro. La norma non prevede un limite di reddito per ottenere il beneficio. E, dunque, potenzialmente possono farne richiesta anche le manager o le ereditiere, purché con un contratto di lavoro dipendente. C’è un limite solo all’importo di contribuzione che viene esonerato e quindi si può mettere in busta paga che è di 3mila euro in un anno e che è chiaramente crescente al crescere della retribuzione dato che è legato alla contribuzione, in percentuale dello stipendio, a carico della lavoratrice. Secondo i calcoli dell’Upb le lavoratrici non pagheranno contributi fino a 32.600 euro circa di retribuzione lorda; oltre tale soglia agisce il massimale e i contributi dovuti sono pari a quelli risultanti dall’applicazione della aliquota contributiva al reddito eccedente. A 65.000 euro l’aliquota contributiva effettiva è pari alla metà dell’aliquota legale.