Venerdì 19 Luglio 2024
SANDRO NERI
Economia

Bonomi (Confindustria): "Bene il taglio del cuneo, speravo fosse strutturale. Ora servono investimenti"

Il numero uno degli imprenditori: “Piano Industria 5.0 per non restare indietro. L’Italia abbia la capacità di fare programmazione sui suoi asset strategici. Dobbiamo stimolare una filiera nazionale per le componenti delle rinnovabili"

Milano, 25 ottobre 2023 – Il prossimo impegno è a Madrid, per un bilaterale con l’industria spagnola. "Se guardo le carte di tutti gli incontri avuti in questi anni con i miei colleghi a livello europeo, vedo che le imprese parlano tutte la stessa lingua, che non c’è più divisione fra Paese e Paese", dice Carlo Bonomi.

Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, valuta la Manovra
Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, valuta la Manovra

"La politica, invece, a cominciare da quella comunitaria, stenta a comprendere che di fronte agli investimenti di Stati Uniti e Cina è impossibile competere se non tutti insieme, varando politiche industriali europee". E in Italia, aggiunge il presidente di Confindustria, "servono politiche che tutelino l’industria. Ho detto sempre, a tutti i governi: provate ad ascoltarci, chi meglio di un imprenditore sa cosa serve alle aziende?".

Lo dica lei.

"Tanto per cominciare, le transizioni green e digitale, che abbiamo bisogno di affrontare subito".

Una frecciata alla manovra economica del governo?

"No, è una considerazione. Se guardo agli investimenti nel Paese vedo che stanno crollando. Mentre per agganciare le transizioni dobbiamo stimolarli e varare un piano Industria 5.0".

Lei aveva definito la manovra "ragionevole".

"Sì, perché ha concentrato le risorse su interventi importanti, come il taglio del cuneo fiscale".

La conferma riguarda il 2024.

"Avevamo sperato in un intervento strutturale. Ma servirebbero risorse che questo Paese oggi non ha. A meno che non si voglia riqualificare la spesa pubblica, che ammonta a oltre 1.100 miliardi".

Lo dicono tutti.

"Attenzione: io non parlo di tagliarla. Riqualificare vuol dire anche spostare capitoli di spesa per renderla più efficiente, invece di sprecare risorse su provvedimenti che al momento non abbiamo richiesto, come ad esempio gli incentivi alle assunzioni".

Combattere la disoccupazione è una priorità.

"Assumere è il mestiere degli imprenditori. Le assunzioni stanno aumentando e non per effetto degli incentivi. Dove non crescono è perché mancano i profili richiesti o perché manca il lavoro. Per questo è meglio destinare quelle risorse alla fiscalità d’impresa".

È questo che chiede?

"Occorre portare l’Ires al 15 per cento per renderci competitivi con gli altri Paesi e premiare chi investe. Il dumping fiscale spinge le imprese a spostare la sede fuori dall’Italia. Al contrario, serve una fiscalità che rafforzi le aziende".

Lei ha detto che l’industria italiana è forte.

"Lo è strutturalmente, ma ha bisogno di uno stimolo agli investimenti. La Germania è in recessione, noi no. Ma noi siamo inseriti saldamente nelle catene del valore. In un momento di forte cambiamento geopolitico, dobbiamo rafforzarci, soprattutto a livello europeo, senza farci cogliere impreparati".

L’andamento del Pil la preoccupa?

"L’Italia cresce quest’anno dello 0,7-0,8%, 16 punti percentuali in più dell’industria tedesca. Anni fa per un punto in più avrei messo la firma. Eppure stiamo rallentando, dobbiamo supportare l’industria".

Vuole essere chiamato al tavolo dal governo. Per suggerire cosa?

"Un piano di politica industriale finalizzato alla crescita economica e sociale del Paese. Cina e Usa incentivano le tecnologie industriali di punta con piani pluriennali di trilioni di dollari. Il rischio di restare indietro è serissimo".

Che ricadute sta generando il conflitto in Medio Oriente?

"Sta già avendo impatti sul costo dell’energia. Inoltre vengono a mancare le prime fonti di gas. E non sappiamo ancora come reagiranno i Paesi arabi. Per esempio l’Algeria, che oggi è uno dei nostri principali partner sul fronte del rifornimento energetico".

Teme che possano chiudere i rubinetti?

"Nell’ottobre del 1973, io ero un ragazzino, per effetto della guerra dello Yom Kippur, i Paesi arabi alzarono il prezzo del petrolio e noi ci ritrovammo le domeniche a piedi. Quindi ripeto: cosa farà l’Algeria? In questi quattro anni alla guida di Confindustria ho imparato che le componenti esogene non sono casuali, di emergenza, ma rappresentano componenti strutturali dell’economia mondiale".

Quindi?

"L’Italia deve imparare ad alzare lo sguardo dall’ombelico all’orizzonte. Che vuol dire avere la capacità di fare programmazione sugli asset strategici del Paese. E quello dell’industria è il primo. Senza industria non c’è Italia: lo dicono i numeri".

Che fare sul fronte dell’energia?

"Capire su quali fonti energetiche dirigersi e operare una scelta. Oggi non abbiamo filiere industriali per le componenti delle energie rinnovabili: dobbiamo stimolarne una tutta italiana. Per la produzione di energia e anche per il riciclo. Cosa faremo delle batterie impiegate? Come le smaltiremo? Perché non organizzare il recupero di quelle materie prime di cui siamo sprovvisti?".

A maggio finisce il suo mandato di presidente: un bilancio?

"Presto per stilarne uno. Non solo perché maggio è lontano, ma perché abbiamo da affrontare ancora tante sfide. Mesi fondamentali per l’industria italiana, da affrontare in uno scenario sempre più internazionale. Dobbiamo dare un segnale ai mercati che questo Paese vuole crescere. È così che si fa scendere lo spread e si fa salire il Pil".

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