Persino la Cina, il Paese più popoloso al Mondo, ha registrato un calo delle nascite. Per la prima volta dal 1961, infatti, l’anno scorso sono nati il 10% in meno di bambini. Ma se per Pechino, almeno per ora, la denatalità non costituisce un problema, anche se va detto che le proiezioni sono tutt’altro che rassicuranti, per l’Europa la crisi demografica è ormai conclamata.
Denatalità in europa
Un cittadino europeo su tre, infatti, abita in una regione nella quale, nell’ultimo decennio, la popolazione è diminuita. Nemmeno l’immigrazione ha aiutato, soprattutto nel Sud e nelle aree rurali, mentre i decessi hanno superato le nascite in molti Paesi.
L’Eurostat prevede che nel 2030 nasceranno 190mila bambini in meno rispetto al 2020. Non tutti gli Stati membri, però, chiuderanno il decennio in negativo. I divari territoriali interni all’Unione, già messi in evidenza nell’ottavo Rapporto sulla coesione territoriale europea, risultano infatti marcati anche nel trend delle nascite dal 2010 al 2021.
La ricerca
I calcoli sono frutto di un’elaborazione del Sole 24 Ore su dati Eurostat, integrati dalle statistiche nazionali più recenti, realizzata nell’ambito della collaborazione con l’European data journalism network. Il risultato è che sono pochi i Paesi che sono riusciti a evitare il declino causato dal crollo della popolazione giovanile.
L'Italia
Partiamo dall’Italia. Il nostro è uno dei Paesi meno fecondi in Europa, insieme a Spagna e Malta, con meno di 1,3 figli per donna. Scivoliamo invece all’ultimo posto della non certo lusinghiera classifica se consideriamo il tasso di natalità, che risulta il più basso nella Ue nel 2021 e che è pari a 6,8 nati ogni mille residenti contro una media europea di 9,1. Non solo. L’età media delle madri al parto del primo figlio in Italia è pari a 33,1 anni, contro una media Ue che, seppur in salita, si attesta a 29,4 anni. Una sfilza di record negativi, insomma, che sono stati confermati anche dalle stime Istat sul 2022: l’anno scorso si è consolidato infatti il calo delle nascite che perdura, senza interruzioni, dal 2010.
Il resto d'Europa
Come detto, i divari all’interno della Ue sono notevoli. Così, se da noi l’inverno demografico sembra ormai inarrestabile, altrove ci sono Paesi che negli ultimi dieci anni sono riusciti a invertire la rotta. Nove Stati Ue su 27, infatti, registrano un tasso di fecondità in aumento. Tra questi l’Ungheria, che è passata da 1,25 a 1,59 figli per donna e la Repubblica Ceca, salita da 1,51 a 1,83. Praga ha raggiunto in questo modo il record detenuto storicamente dalla Francia, il cui dato, però, negli ultimi anni risulta in calo. Da sottolineare anche il miglioramento della Germania, altro Paese con grossi problemi storici di denatalità, dove la fecondità delle donne è passata da 1,39 a 1,58 figli.
Paesi in controtendenza
Sono solo tre i Paesi che hanno chiuso il 2021 con un tasso di natalità più elevato rispetto a quello del 2010: la Germania (+15,7%), l’Ungheria (+7,8%) e l’Austria (+2,1%). In altre parole, in questi Stati si fanno più figli oggi che all’inizio dello scorso decennio. Cosa ci dicono questi numeri? Beh, innanzitutto, che anche laddove si è registrato un incremento delle nascite, il mini boom non è sufficiente a evitare un declino del numero di abitanti. Al netto dei fenomeni migratori, per avere una popolazione stabile, infatti, servirebbe un tasso di fecondità superiore a 2. Solo in questo modo si riesce a garantire il ricambio naturale. Tuttavia, l’ultima volta che questo indicatore nell’Ue è stato così alto era il 1975.
Come invertire la curva?
La domanda, a questo punto, diventa una: come hanno fatto alcuni Paesi ad aumentare il numero medio di figli messi al mondo da una donna? Domanda che è cruciale soprattutto per il nostro Paese, viste le proiezioni demografiche che vedono una popolazione in calo a 57,9 milioni nel 2030, a 54,2 milioni nel 2050 e a 47,7 milioni nel 2070.
Politiche per la famiglia
Il governo Meloni ha posto al centro del suo programma di legislatura le politiche per la natalità, annunciando misure mirate. La legge di Bilancio ha potenziato l’assegno unico per i figli fino all’anno di vita e per le famiglie numerose con bimbi piccoli; ha concesso un mese in più di congedo parentale retribuito all’80%; mentre è allo studio l’ipotesi di inserire un quoziente familiare nel sistema di prelievo fiscale.
I Paesi campioni di nascite
Per quanto riguarda i Paesi che sono stati in grado di invertire il trend negativo, l’esempio di maggiore successo è l’Ungheria, dove il tasso di fecondità è aumentato più che altrove, passando da 1,25 figli per donna a 1,59 nel 2021. Il governo ungherese si è dato l’obiettivo di raggiungere un rapporto di 2,1 entro il 2030. Tuttavia, l’ufficio di statistica nazionale ha fatto sapere che il 2022 sarà il quinto anno nella storia ungherese a chiudere con meno di 90mila nascite.
Rompendo il trend in corso dal 2012, diminuirà poi il tasso di fecondità. Ma pure l’ufficio di statistica tedesco ha rilevato un calo delle nascite nel 2022 (-7% rispetto al 2021), anche se la popolazione continua a crescere grazie all’immigrazione. A pesare non è solo il calo della popolazione giovanile, che abbassa il numero delle donne in età da concepimento, ma anche gli effetti della pandemia: l’incertezza economica ha spinto molte coppie a rimandare la decisione di mettere al mondo un figlio.
Madri sempre più vecchie, ma non ovunque
In Repubblica Ceca, invece, l’età media delle madri negli ultimi cinque anni è diminuita, passando da 30,7 anni a 28,8 anni, ma nel 2022 il tasso di fertilità, pur rimanendo al di sopra della media europea, dovrebbe tornare a calare. Ovunque, insomma, la sfida sta nel riuscire a ritardare l’esplosione della bomba demografica. Segnali incoraggianti, in questa direzione, arrivano da Spagna e Portogallo che stanno investendo molto nelle politiche familiari. Il Portogallo, che ha perso in dieci anni più di 200mila abitanti, ha appena annunciato, per la prima volta dopo anni, un aumento del 5% delle nascite nel 2022.