Lunedì 22 Luglio 2024

Blue economy: ecco cos’è e come si fa il business del recupero

Cosa si intende per economia “blu”, le differenze dalla green economy, quale impatto ha e potrebbe avere sulle imprese

Crediti iStock - Blue economy

Crediti iStock - Blue economy

Roma, 13 luglio 2023 – Gli ultimi decenni della storia dell'umanità stanno evidenziando la necessità di un cambiamento del paradigma della produzione industriale, con gli esseri umani che sistematicamente consumano più risorse di quanto ne hanno a disposizione e che, ancora più gravemente, non riescono ad effettuare un corretto smaltimento e riciclo di determinate sostanze e materiali. Il risultato è che il mondo è sempre più inquinato, con la qualità dell'aria e la presenza di elementi nocivi nell'ambiente che sta cominciando ad avere un forte impatto sulla vita quotidiana. Per contrastare tale fenomeno, come detto, serve un'inversione netta di rotta attraverso un maggiore sviluppo della cosiddetta green economy, ossia di un'economia che mira alla salvaguardia dell'ambiente riducendo il suo impatto sullo stesso. Nel più ampio spettro della green economy si è sviluppata anche la cosiddetta blue economy, da intendersi come un moderno modello di sviluppo orientano alla durabilità, rinnovabilità e riutilizzo delle risorse e dei materiali produttivi per azzerare le emissioni inquinanti e l'impatto che gli stessi potrebbero avere sugli oceani, il mare, i laghi e i fiumi.  

La blue economy

Quando si parla di blue economy si fa riferimento ad un modello di business fortemente orientato al recupero e alla reimmissione di materie prime e scarti dell’intero circuito produttivo. Il primo a teorizzare la blue economy è stato l’economista belga Gunter Pauli che, nella sua analisi, è partito dall’applicazione di ciò che già avviene in natura al tessuto produttivo. Entrando più nello specifico, Pauli sostiene che così come in natura la biomimesi porta ad una riduzione degli sprechi, cioè nulla viene sprecato, anche nel mondo produttivo deve essere seguito lo stesso procedimento attraverso la trasformazione e il riutilizzo della materie prime. In questo modo, infatti, si va a ridurre la produzione di rifiuti, spesso di difficile smaltimento, e si allunga il ciclo vitale di un determinato oggetto o materie prima. Grazie alla blue economy, dunque, si mira ad evitare che i rifiuti prodotti dal tessuto produttivo possano finire in mare o nei fiumi, andando a compromettere l’intero sistema delle biodiversità e della qualità dell’acqua. Niente più isole di plastica in mezzo al mare, con una diversa e innovativa impostazione di tutte le attività economiche che interessano il mare, le coste e i fondali marini. Si tratta, ad esempio, della pesca, del trasporto marittimo, dell’acquacoltura, dell’industria della trasformazione alimentare, della cantieristica, del turismo costiero e delle attività estrattive.  

Blue economy e green economy

Come si diceva in precedenza, la blue economy rappresenta una parte della green economy con la quale condivide l’interesse nella salvaguardia dell’ambiente. A distinguerle, però, sono le modalità con le quali si cerca di raggiungere questo obiettivo: - la green economy parte dall’assunto che per ridurre la presenza di materiali inquinanti le aziende debbano investire maggiori risorse; - la blue economy, invece, mira a non produrre più rifiuti pericolosi per il pianeta con le aziende che, a fronte di una riorganizzazione del lavoro, possono generare maggiori profitti a fronte di un più basso investimento di capitali. C’è, dunque, uno sguardo concreto e maggiore alla sostenibilità economica della transizione ecologica, con le aziende che dal cambio di paradigma produttivo ottengono anche forti vantaggi.  

I vantaggi della blue economy

L’applicazione e lo sviluppo della blue economy, oltre a fornire effetti benefici sul pianeta, offre anche un’altra serie di opportunità alle aziende che decidono di seguire questo modello. Iniziamo subito col dire che il blue thinking, ovvero il pensiero blu, rappresenta una modalità d’investimento vantaggiosa sia breve che a lungo termine. Entrando più nel dettaglio, la blue economy offre alle aziende dei vantaggi di tipo economico visto che, secondo le stime della Commissione europea, questo modello coprirà entro breve il 90% del commercio estero dell’Ue e il 40% degli scambi commerciali che si verificano all’interno. L’impatto positivo di questo modello di business si vede anche nel comparto sociale, con le aziende che avranno sempre più bisogno di personale qualificato specializzato sulle conoscenze del mare. In ultimo, non certo per importanza, c’è l’aspetto ambientale. L’applicazione della blue economy porta ad una netta riduzione delle emissioni di carbonio attraverso lo sviluppo di una nuova crescita sostenibile con impatti benefici a lungo termine. Questo aspetto comporta, di rimando, una maggiore salvaguardia del mare, della terra e delle acque dolci che, diversamente, potrebbero presto diventare delle risorse scarse e dall’elevato costo. L’Europa è molto orientata ad uno sviluppo della blue economy e gli investimenti adottati ne sono una chiara testimonianza. La Commissione europea, infatti, ha destinato per il periodo 2021 - 2027 ingenti risorse per la salvaguardia dei mari, dei laghi e dei fiumi. Per tale fine è stato realizzato un Fondo che, nel corso dei vari anni, permetterà a cittadini e imprese di investire in mercati, tecnologie e servizi marittimi che tutelino l’ambiente e allo stesso tempo possano generare profitti. Gli ultimi dieci anni in Europa hanno poi visto una rapida diffusione della blue economy che, tra le altre cose, ha dimostrato di essere un abile strumento per contrastare le crisi finanziarie e le recessioni. I Paesi del Vecchio Continente che più spiccano nell’applicazione del blue thinking alla loro economia sono l’Italia, il Regno Unito, la Spagna, la Francia e la Grecia.  

Esempi di blue economy

La blue economy può essere applicata praticamente a tutti i settori produttivi e questa versatilità del modello di business rappresenta un altro suo grande valore attrattivo. Volendo andare sul concreto e fare qualche esempio di blue economy, si pensi al nuovo pacemaker senza batterie - difficili da riciclare - ideato dal professor Jorge Reynolds. I suoi studi sono partiti proprio da un'analisi sul funzionamento degli organismi viventi in relazione all’ambiente e, così, ha creato un pacemaker in grado di ricaricarsi semplicemente attraverso la temperatura corporea e la pressione generata dalla voce. E ancora, pensando al settore della pesca, interessante è quanto si sta verificando in Sicilia dove la Regione, insieme ad altri Paesi del Mediterraneo, sta sviluppando un distretto unico della pesca. Questo cambio strutturale comporta la creazione di una rete di responsabilità condivisa, nella quale tutti gli attori coinvolti nella pesca e nell’agroindustria si impegnano ad produzione sostenibile e in grado di valorizzare le risorse del territorio costiero. Il tutto avviene attraverso un fitto dialogo tra gli attori che, di fatto, condividono le loro esperienze e conoscenze.