Roma, 3 novembre 2018 - Bitcoin è stato dato per morto oltre 300 volte. Dieci anni dopo quel 31 ottobre 2008, quando il misterioso Satoshi Nakamoto pubblicò in rete il software libero che divenne la Bibbia delle criptovalute, è ancora vivo e vegeto. Certo, non si parla più dei prezzi record toccati nel dicembre 2017 (aumentando in un anno del 4.300% fino al picco di 20mila dollari), ma se la bolla si è sgonfiata di certo non è esplosa, perché la regina delle criptovalute viaggia ancora attorno ai 6.500 dollari. Insomma, ha mostrato nei suoi alti e bassi una certa resilienza.
Una moneta elettronica decentralizzata, non emessa (nè garantita) da banche o autorità centrali, che potenzialmente può essere coniata (in gergo si dice 'mining') da tutti attraverso i calcoli di un pc e che prometteva, nell'idea del suo creatore, un'alternativa al sistema monetario. Un sistema che, e proprio quando nacque Bitcoin, stava mostrando tutta la sua vulnerabilità dopo il crac di Lehmann Brothers e lo tzunami finanziario che ne seguì.
Oro digitale, moneta, asset: cosa è rimasto dieci anni dopo? Sicuramente l'aspetto finanziario e speculativo resta preponderante, i crypto asset ora possono contare anche su alcuni prodotti derivati (in particolare due future su Bitcoin quotati al Cme e al Cboe). Il mercato delle oltre 2mila criptovalute vale poco più di 200 miliardi di dollari (solo Apple ne capitalizza mille, per intenderci), briciole nel mercato finanziario. Si tratta comunque di investimenti che interessano un sempre più ampio numero di persone, anche non attrezzate, da qui il moltiplicarsi di iniziative di educazione finanziaria sul tema. investire solo quanto si è disposti a perdere, resta il faro da seguire vista la rischiosità e la volatilità degli investimenti.
C'è però anche una rivoluzione silenziosa, fatta di realtà che iniziano a utilizzare i bitcoin non come strumento speculativo ma come mezzo di pagamento. E' il caso della Bitcoin Valley di Rovereto, in Trentino, dove è già possibili fare quasi tutto e pagare in moneta virtuale. Addiruttura il servizio di mensa scolastiva. Oggi la moneta è accettata come strumento di pagamento da moltissime aziende come Expedia, Save the Children, Virgin, Starbucks, solo per citarne alcune. E, anche in Italia, sono nati i primi bancomat che ricevono banconote in euro e restituiscono bitcoin (che vengono, naturalmente, caricati su un portafoglio virtuale).
Infine, la blockchain: una delle tecnologie alla base di Bitcoin e che ne garantisce la sicurezza. Si tratta infatti di un registro pubblico, distribuito e immodificabile, che registra tutte le transazioni della criptovaluta. Una tecnologia che, in teoria, potrebbe essere applicata a molti altri settori, dalla sanità all'agroalimentare. Anche l'Italia è interessata a questa tecnologia: poche settimane fa ha aderito alla Blockchain Partnership Initiative europea, e nella manovra in discussione potrebbe essere finanziato un fondo ad hoc. Una storia ancora tutta da scrivere.