Giovedì 17 Ottobre 2024
ANTONIO PETRUCCI
Economia

Le tasse si bevono la birra italiana

In calo la produzione, il consumo e l’export di birra italiana. AssoBirra chiede un abbassamento delle accise

La festa della birra a Imola si terrà dal 2 al 5 ottobre

La festa della birra a Imola si terrà dal 2 al 5 ottobre

Roma, 10 ottobre 2024 – E' fra le più diffuse e antiche bevande alcoliche del mondo, ma i più recenti dati ne restituiscono un quadro tutt'altro che incoraggiante, almeno per la produzione e i consumi di quella italiana. Parliamo della birra, in sofferenza per inflazione, accise, aumento dei costi delle materie prime e concorrenti internazionali che, grazie anche a tasse meno stringenti, arrivano sul mercato con prezzi più competitivi.

Oltre 13 miliardi di crediti fiscali

Nel 2023 il segmento brassicolo italiano ha fronteggiato le complessità derivanti da inflazione e riduzione del potere di acquisto degli italiani, registrando una contrazione di mercato in termini di produzione, import, export e consumi. "Quello della birra è un settore del Made in Italy che si è sviluppato soprattutto negli ultimi 20 anni, e che potrà oltretutto rafforzarsi e innovarsi ulteriormente beneficiando del piano transizione 5.0 che coniuga per la prima volta in Europa transizione digitale, energetica e ambientale, con oltre 13 miliardi di crediti fiscali utilizzabili dalle imprese nel biennio 2023-24”. Parole e musica del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenuto alla presentazione dell'Annual Report 2023 di AssoBirra, associazione del settore birraio in Italia.

Il 2023 della birra in Italia

Dal report di AssoBirra, si registra nel 2023 una flessione di produzione (-5,02%), consumi (-5,85%), export (-5,36%) e import (-7,5%) di birra, chiari segnali di un settore che ha sofferto lungo tutto l’asse della filiera produttiva, agricola e della distribuzione fino ai punti di consumo e vendita. La produzione di birra in Italia ha raggiunto 17,4 milioni di ettolitri, registrando una contrazione del 5,02% rispetto ai 18,3 milioni di ettolitri del 2022, ma superando i livelli pre-pandemici del 2019 (17,3 milioni di ettolitri) e quasi eguagliando il 2021 (17,8 milioni di ettolitri). I consumi, seppur in calo rispetto al record del 2022 (22,5 milioni di ettolitri), si sono attestati a 21,2 milioni di ettolitri nel 2023, facendo segnare un decremento del 5,85% ma mantenendo una quota che supera il massimo storico di consumo registrato fino all'anno scorso (21,2 milioni di ettolitri nel 2019) e che supera quella del 2021, delineando una crescita di oltre 20 punti percentuali (20,9%) rispetto a dieci anni fa (17,5 milioni di ettolitri nel 2013). L’import di birra ha registrato allo stesso modo una flessione del 7,55% rispetto all’anno precedente, pari a 600mila ettolitri, con 7,4 milioni di hl a fronte dei circa 8 milioni del 2022.

I competitor internazionali

La Germania – che gode di una tassazione 4 volte inferiore a quella italiana – rimane il principale Paese di origine dell’import, con il 41,7% del totale delle importazioni, seguita da Belgio (con una quota del 20,7%), Paesi Bassi (9,8%) e Polonia (9,4%). Tra i paesi non comunitari, che assommano un dato globale del 2,2% dell'import, il maggior esportatore verso il nostro Paese è il Regno Unito, con quasi 95 mila ettolitri su circa 135mila del totale non-UE. Anche l’export mostra un aggregato inferiore a quello del 2022 (3,6 milioni di hl nel 2023, con un -5,36% rispetto ai 3,8 dell’anno precedente). La distribuzione dell'export vede un calo della quota verso il Regno Unito (44,1% vs il 48,2% del 2022, pari a -250 mila ettolitri nel 2022), ma un aumento delle esportazioni verso Albania e soprattutto Francia, con un dato in crescita del 57%.

Pratolongo: "Accise anacronistiche”

Alfredo Pratolongo, Presidente di AssoBirra, sottolinea il problema delle accise: “Le accise sono anacronistiche per una bevanda da pasto e incongrue, perché la birra è l’unica su cui gravano, e risultano tanto più afflittive poiché penalizzano le aziende italiane rispetto a quelle che lavorano in Paesi, per così dire, maggiormente beer friendly in termini di tassazione, nei confronti dei quali esiste di fatto una sorta di spread che penalizza le aziende italiane che ivi esportano birra. E, specularmente, favoriscono il business delle loro aziende nazionali perché, pagando molte meno accise in patria, hanno margini più alti e possono quindi essere più competitive. Ciò nonostante – prosegue Pratolungo – le nostre aziende hanno investito in tecnologie avanzate e pratiche sostenibili, valorizzando i territori e il patrimonio culturale del nostro Paese, portando la birra ad essere oggi una bevanda da pasto integrata nelle abitudini degli italiani e un'icona della convivialità, nonché un prodotto democratico e accessibile, sia per il gusto che per il basso tenore alcolico, con una qualità davvero eccellente”.

Un settore che occupa 100mila operatori

Il settore brassicolo ricopre un ruolo importante per l’economia italiana, capace di creare valore e indotto economico e posti di lavoro: il comparto occupa, infatti, oltre 100mila operatori in oltre 1.000 aziende (1.012 realtà del settore tra birrifici, microbirrifici e malterie), crea un valore condiviso di 10,2 miliardi di euro (equivalente allo 0,54% del PIL) e, soprattutto, – unica fra le bevande da pasto - versa all’Erario oltre 700 milioni in accise annue che si sommano alla contribuzione fiscale ordinaria.