Roma, 18 dicembre 2024 – Italiani cuore d’oro. Anche gli ultimi dati Istat relativi alla beneficenza fatta nel nostro Paese, confermano questo mito, con una percentuale sempre più bassa di “non donatori”, e nuove forme di finanziamento a cause di interesse sociale, non sempre cioè gestite da enti no profit e per questo definite informali.
I dati Istat e Bva Doxa
Secondo l’Istat, vi è stata una diminuzione nel numero di italiani che hanno donato denaro ad associazioni almeno una volta, dal 12,8% del 2022 all’11% del 2023, ma sono in aumento del 5% le donazioni informali; inoltre passano dal 37% al 33% i non donatori, come certificato da Bva Doxa. E’ forte il legame tra istruzione e propensione alla donazione, visto che il 22,8% dei laureati dichiara di dare contributi in denaro alle associazioni, mentre solo il 5,3% delle persone con la licenza media lo fa. Le cause più sostenute sono: la ricerca medico-scientifica, 38%, gli aiuti umanitari, 35%, e la povertà in Italia, 19%.
Il monitoraggio dell’Istituto Italiano della Donazione
Il monitoraggio dell'Istituto Italiano della Donazione, che dal 2008 misura la situazione delle organizzazioni, ci parla di una sostanziale conferma dei dati degli scorsi anni. La fonte di maggiori entrate si conferma essere l'erogazione liberale da persone fisiche (60%), seguita da una crescente rilevanza del 5x1000 che arriva al 39% contro il 31% del 2022. I lasciti testamentari continuano a rivelarsi uno strumento di introito marginale: solo l'1% degli enti dichiara di averne ricevuti. Uno dei temi più rilevanti degli ultimi tempi, riguarda anche la percezione che gli italiani hanno degli enti preposti alla raccolta e gestione delle donazioni. Il 20% si dichiara convinto a farlo da pubblicità o da collaborazioni con marchi famosi, o dalla presenza di influencer nelle campagne pubblicitarie. In generale, la trasparenza e le informazioni in merito all’uso che si farà dei soldi raccolti, restano fondamentali per convincere gli italiani a donare e per essere percepiti come enti affidabili e seri.
Il caso Ferragni/Balocco
Nell’indagine “Noi doniamo”, uno spazio particolare è stato dedicato alla misurazione dell’impatto del caso Ferragni/Balocco sull’andamento sia sulla raccolta fondi da privati che da aziende: a sorpresa solo il 5% delle organizzazioni no profit a metà 2024 dichiara di aver avuto conseguenze negative sulla propria raccolta fondi. Più di tre su quattro affermano al contrario che il caso Ferragni non ha lasciato tracce e che i donatori fedeli sono rimasti. Le aziende, in particolare, non si sono tirate indietro e il temuto crollo del corporate fundraising non c’è stato. Per il futuro, gli addetti ai lavori si interrogano sull’utilizzo degli strumenti di donazione online, che potrebbero aiutare a migliorare la raccolta fondi.
Democratizzare l’accesso a queste forme di partecipazione è uno degli obiettivi chiave per il futuro, così come la creazione di strumenti e tecniche che consentano donazioni sicure, garantendo trasparenza e crescita della fiducia, anche se restano strumenti importanti anche i dialogatori, le iniziative a scopo benefico, le raccolte fondi organizzate in determinati periodi dell’anno o i concerti e gli eventi sportivi il cui incasso viene poi devoluto in beneficenza.