Tutti con il fiato sospeso. La decisione del governo di andare avanti con le gare sulle concessioni balneari per evitare le maxi-multe minacciate dall’Unione Europea, alimenta timori e preoccupazioni per i gestori dei lidi balneari. Ma che cosa succede ora? E quali sono i rischi per gli attuali proprietari degli stabilimenti? Ecco una piccola guida per orientarsi.
Il diktat europeo
La ormai famosa direttiva Bolkstein prende il nome dell’economista olandese che se l’intestò riuscendo perfino a convincere nel 2006 la Commissione europea, allora guidata da Romano Prodi, a renderla obbligatoria per tutti gli Stati. Il contenuto è semplice: i Paesi dell’Ue devono mettere a gara concessioni e servizi pubblici allargando la competizione a tutti i soggetti europei. Da allora sono passati quasi 17 anni e l’Italia ha sempre prorogato l’avvio dei bandi. Il governo giallo-verde, guidato da Conte, allungo le attuali concessioni fino al 2033. Poi, il dietrofront dell’esecutivo dell’ex presidente della Bce, Mario Draghi, che decise di anticipare di dieci anni, al 31 dicembre del 2023, la scadenza delle concessioni. Con il decreto milleproroghe, approvato nei giorni scorsi, c’è stata l’ennesima proroga, solo di un anno. E, questa volta, potrebbe essere davvero l’ultima.
Cosa succede ora
La stagione balneare di quest’anno non dovrebbe registrare grandi cambiamenti. Infatti, prima di far partire le gare, il governo completerà la mappatura delle attuali concessioni balneari. Secondo l’ultimi censimento, sono 26.689 e di queste ben 21.581 (circa il 70 per cento) ha un valore inferiore ai 2.500 euro all’anno. A fronte di un giro d’affari ufficiale di oltre 2 miliardi (ma per i sindacati di categoria sarebbe di un miliardo) lo Stato incassa canoni complessivi per poco più di 103 milioni.
Imprese a rischio
Per Assobalneari, con le nuove norme sono a rischio 30mila imprese che, compreso l’indotto, danno lavoro a un milione di persone. Se tutto sarà confermato, le gare partiranno dal primo gennaio 2025. Ma il governo potrebbe anche trattare con l’Ue per rendere meno pesante la situazione per i concessionari. Già nella riforma prevista dal governo Draghi erano previsti meccanismi di "premialità" per i gestori che hanno effettuato investimenti sui lidi in concessione. Oltre a clausole di salvaguardia per i proprietari più deboli, ad esempio le famiglie che vivono solo con il reddito di uno stabilimento o che hanno sottoscritto mutui per finanziare le attività turistiche.
I rischi
L’avvio delle gare fa gola alle grandi catene alberghiere e ai colossi del turismo. In alcuni luoghi più rinomati si sarebbero anche affacciati le catene cinesi mentre multinazionali come Nikki Beach e twinga hanno fatto già i primi investimenti dalla Versilia alla Costa Smeralda. E’ ovvio che se i prezzi delle concessioni aumenteranno i grandi gruppi, con maggiori risorse finanziarie, possono spiazzare le imprese a carattere familiare. Ma c’è anche chi, come il presidente della Confindustria di Cosenza, lancia l’allarme criminalità: la ‘ndrangheta potrebbe riciclare il denaro sporco mettendo le mani sulle concessioni messe in gara.