Sabato 27 Luglio 2024
FABIO LOMBARDI
Economia

Auto elettriche e guard rail: ecco cosa cambia nell’impatto. L’esperto: “Barriere pensate per macchine di 40 anni fa”

Roberto Impero sta collaborando con un board Usa sui crash test di veicoli alimentati a batteria per adeguare i sistemi di contenimento e sicurezza stradale. Un tema diventato d’attualità dopo l’incidente del bus di Mestre in cui sono morte 21 persone

Milano, 9 novembre 2023 – Il 3 ottobre scorso a Mestre un autobus elettrico, per cause ancora da accertare, precipitava da un cavalcavia. Nonostante la velocità contenuta (inferiore ai 10 km orari) il guard rail non è riuscito a reggerne l'urto con un bilancio tragico: 21 morti e 15 feriti. Ma quante strade in Italia hanno sistemi di "protezione passiva" adeguati? Quanti morti si potrebbero evitare con guard rail e new jersey all’altezza? Abbiamo provato a chiederlo a un esperto, Roberto Impero, un'autorità in materia di sicurezza stradale anche a livello internazionale. La sua azienda, SMA Road Safety (impresa che, per dare un’idea, ha fornito i propri dispositivi per l’Eurasia Tunnel di Istanbul, il futuristico Sheikh Al Jaber Causeway, 4° ponte marittimo più lungo al mondo nella Kuwait Bay, alle autostrade Doha in Qatar, al nuovo ponte di Genova, al Thorold tunnel in Ontario e al Sheikh Zayed Road a Dubai) sta infatti collaborando con un board negli Stati Uniti per analizzare l’impatto dei veicoli elettrici sulle attuali barriere salvavita disponibili sulle strade.

Il punto del cavalcavia dove il bus ha sfondato il guard rail a Mestre
Il punto del cavalcavia dove il bus ha sfondato il guard rail a Mestre

Sicurezza stradale passiva: quali sono le strade che presentano le condizioni peggiori in Italia?

"È opportuno fare una distinzione tra rete stradale e autostradale. A quest’ultima il voto è più che sufficiente: il livello di sicurezza delle barriere è buono, così come il livello di attenzione alla manutenzione di barriere incidentate, manto stradale e segnaletica. Il discorso cambia se pensiamo ai tratti extraurbani, alle strade principali e secondarie, provinciali e comunali che presentano spesso un degrado elevato”.

Si può fare una stima delle strade non a norma dal punto di vista della sicurezza passiva e quali sono i motivi?

"Assenza di manutenzione del manto, barriere, terminali e attenuatori non adeguatamente ripristinati per anni a seguito di incidenti; qui il voto è nettamente insufficiente. Il problema è che di 168.129 chilometri di rete stradale italiana, solo 7.556 chilometri riguardano le autostrade, il resto è in mano a enti locali, regionali, provinciali e versa in condizioni preoccupanti (fonte ISTAT). Si può stimare che il 60% delle strade (rete autostradale esclusa) in Italia non sia a norma".

Roberto Impero, Ceo di Sma
Roberto Impero, Ceo di Sma

Quali sono le criticità più urgenti?

"Siamo in presenza di una pluralità di problematiche, che però rispondono tutte a un comun denominatore: la sottovalutazione del pericolo. La prima riguarda la completa mancanza di dispositivi salvavita a protezione di numerosi ostacoli fissi presenti sulle strade: pensiamo alle cuspidi stradali sprovviste di attenuatore, alle parti terminali dei guardrail che, in caso di incidente, trafiggono l’abitacolo con conseguenze spesso tragiche; ci sono poi i piloni nelle gallerie, gli alberi e pali segnaletici".

E la seconda?

"La seconda riguarda dispositivi salvavita obsoleti, spesso incidentati e non sostituiti, così come gli svincoli o le tratte stradali di vecchia progettazione, non a norma. Siamo nella situazione del cavalcavia di Mestre. Ma di tratte simili ce ne sono molte altre, in tutta la penisola. C’è poi un ulteriore problema che riguarda i dispositivi che, a livello normativo, sono autorizzati, ma che non garantiscono, in quanto ad affidabilità e sicurezza, prestazioni adeguate per i veicoli attualmente circolanti".

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Vale a dire?

"Mi riferisco ad esempio agli attenuatori che in Italia possono essere commercializzati, basta che rispondano alla normativa CE, le cui disposizioni sono obsolete: prevedono test a una velocità di 110 km/h, impiegando veicoli fino a un massimo di 1,5 tonnellate, senza tenere conto che il limite nel nostro paese è di 130 km/h e che circolano veicoli ben più pesanti, come i SUV e le auto elettriche”.

Ciò avviene anche all’etero?

“In parte. In Belgio, Irlanda, Norvegia, Inghilterra, Paesi molto virtuosi in tema di sicurezza stradale, la certificazione CE è necessaria, ma non sufficiente. Viene posta grande attenzione al disciplinare di produzione e ai materiali impiegati, prima di approvare l’ingresso della barriera sulle loro strade”.

Altre criticità?

“Certo. Si pensi ad esempio ai varchi d’emergenza che, stando al DM 6792/2001, possono essere installati fino a due classi di contenimento inferiori rispetto alla barriera spartitraffico cui vengono agganciati. Questa discrepanza tra la barriera, che di solito in autostrada è H4 (il massimo, ndr) e certificata a contenere veicoli di 38 tonnellate, e il varco, in classe H2 (certificato per veicoli fino alle 13 tonnellate), comporta un potenziale rischio. Nel caso in cui un tir (in Italia ne circolano oltre 5milioni) dovesse impattare contro uno di questi varchi, la tenuta degli stessi è assolutamente incerta e l’invasione della carreggiata opposta molto probabile".

La mancata attenzione per la sicurezza nasce da una normativa obsoleta e/o da questioni economiche?

"Come prima cosa mi rattrista notare come spesso il problema riguardi punti stradali pericolosi in cui è già avvenuto un tragico incidente, ma i continui rimpalli sulla competenza della tratta tra comune, provincia e gestore stradale, rallentano la messa in atto di una soluzione. Abbiamo anche notato come sia frequente l’adozione di limiti di velocità di 30 o 40 km/h per rendere un punto pericoloso meno insidioso. Si consideri che è sufficiente un impatto a 40 km/h contro un palo di diametro 20 cm perché ci sia il rischio di tetraplegia per i passeggeri.

L'autobus precipitato da un cavalcavia a Mestre
L'autobus precipitato da un cavalcavia a Mestre

Abbassare i limiti di velocità, come stanno facendo molti Comuni, può aiutare?

"Certo ma si tratta di una non soluzione, di apporre una pezza per non intervenire in modo risolutivo, fornendo al contempo un ‘alibi del limite stradale non rispettato’ per assolvere il gestore in fase giudiziale, senza tutelare in definitiva chi in strada ci viaggia tutti i giorni. Spesso la sottovalutazione del problema è più dannosa e costosa, in termini sociali ed economici, che la risoluzione della problematica stessa".

Normative obsolete o problema culturale, dunque?

"Le normative sono obsolete, certamente, non tengono conto dell’attuale parco veicolare, che non è più quello di 40 anni fa. Ma il problema è anche di natura culturale: oggi si pensa alla sicurezza stradale unicamente come una responsabilità attiva dell’automobilista che, indubbiamente deve attenersi al codice della strada, ma anche l’infrastruttura stradale che si percorre ha il suo peso specifico nel determinare le conseguenze di un incidente, indipendentemente dalle sue cause. Se un pullman dovesse perdere il controllo, per x ragioni, vorrei che sulla strada ci fossero le dovute misure di sicurezza per evitare che invada la corsia opposta o precipiti dal cavalcavia. Se a seguito di un impatto multiplo un veicolo dovesse urtare contro la parte terminale di un guardrail, sarebbe auspicabile che fosse protetta da apposito terminale, in caso contrario il veicolo verrebbe trafitto dalla lamiera".

Qual è il costo delle mortalità stradale?

"Il costo della mortalità stradale incide per lo 0,9% sul PIL nazionale, un’enormità rispetto a quanto costerebbe adottare i dispositivi salvavita a protezione dei punti pericolosi. Le vite dovrebbero valere molto di più di qualsiasi investimento economico: l’alibi della mancanza di budget non regge più. È necessaria una mappatura puntuale delle nostre strade per identificare i punti pericolosi e metterli una volta per tutte in sicurezza. Non è solo una questione etica, è un obbligo di legge perseguibile come “omicidio stradale colposo” ai danni del gestore della strada".

Quanto costerebbe sistemare l'intera rete stradale?

"E' una stima che non posso fare con precisione. Le dirò però che un guard rail della migliore qualità costa 500 euro al metro lineare (a cui vanno aggiunti i costi di installazione, ndr)... Una spesa sostenibile quando si tratta di salvare vite".

Ma alla sicurezza stradale non andrebbero destinati i proventi delle multe?

"A sostegno della sicurezza stradale in Italia è stato stilato il DL del 30 aprile 1992 che, all’articolo 208, destina alla sensibilizzazione in materia di sicurezza stradale il 50% dei proventi generati dalle sanzioni; mentre l’articolo 142 prevede che le somme incassate dalle multe per eccesso di velocità vengano interamente reinvestite per la sicurezza stradale in generale".

E ciò avviene?

"Quel che è emerso da un recente report, stilato dall’ASAPS in collaborazione con l’Associazione Lorenzo Guarnieri, è che i comuni siano propensi a impiegare i proventi delle multe per coprire costi già sostenuti dalle amministrazioni e assegnati “a posteriori” alla categoria del miglioramento della sicurezza stradale, anche se nulla ne hanno a che fare. Manca una visione lungimirante sul tema, purtroppo.

Veicoli elettrici e sicurezza stradale passiva: i dispositivi attualmente in uso sono a norma e anche efficaci? In che percentuale?

"Proprio per indagare su questo tema importante, Sma è stata selezionata dall’American Traffic Safety Services Association (ATSSA) per far parte della Task force ‘Crash test di veicoli alimentati a batteria’, legata appunto all’avvento dei veicoli elettrici e al loro impatto sulle prestazioni delle infrastrutture di sicurezza stradale passiva. Oggi, infatti, nel mondo un veicolo acquistato su sette è elettrico e nei prossimi 10 anni, circa 1/3 del mercato globale abbandonerà il motore termico. Questo genere di veicoli presenta una massa maggiore e caratteristiche strutturali e geometriche diverse dalle auto tradizionali, legate anche alla presenza delle batterie”.

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Questo cosa cambia?

“Possono verificarsi, ad esempio, una maggiore deflessione delle barriere spartitraffico in caso di impatto, con il conseguente aumento della larghezza operativa del dispositivo, così come è possibile che avvenga il superamento delle capacità prestazionali degli attenuatori d’urto attualmente in uso. Le soluzioni di sicurezza stradale passiva devono evolvere con la naturale progressione del parco veicolare; occorre lungimiranza nella progettazione di questi dispositivi. Le auto da decenni sono sempre più grandi e potenti, per questo abbiamo sempre testato i nostri prodotti con veicoli di massa superiore e a velocità maggiori rispetto alla normativa vigente, proprio perché consapevoli del cambiamento in essere nel mercato.

I sistemi innovativi disponibili nelle vetture per ridurre l'incidentalità (rilevamento degli ostacoli, auto che mantiene la traiettoria in autostrada, rilevamento dell'andatura per scongiurare colpi di sonno, ecc) comportano dei cambiamenti significativi (o meno) in tema di sicurezza stradale passiva?

"Le infrastrutture devono essere riqualificate a prescindere visto che circolano ancora molti veicoli che non sono di ultima generazione. Quanto al controllo di traiettoria nelle auto, la normativa statunitense ad esempio ha previsto crash test di omologazione delle barriere con angoli di impatto maggiori, oltre all’utilizzo di veicoli molto più pesanti. Ad esempio la normativa EN1317 per attenuatori e terminali di barriera prevede crash test con veicoli di 1500 chili e urti laterali con angolo di impatto di 15 gradi, mentre la normativa americana prevede veicoli di 2300 chili e urti laterali con angolo di impatto di ben 25 gradi, quindi molto più gravosi.Il cambiamento dell’angolo di impatto in America è stato stabilito proprio a seguito dell’introduzione del controllo di trazione sulle auto. Al di là dei sistemi di sicurezza attiva sulle auto quello che bisogna riconsiderare è soprattutto la massa dei veicoli utilizzati per i crash test".

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