Martedì 3 Dicembre 2024
CLAUDIA MARIN
Economia

Inattività fisica, quanto ci costi. Un miliardo l’anno di spese sanitarie per malattie prevenibili

I dati della Fondazione Aletheia presentati al Senato. L’Italia spende più degli altri paesi Ue (eccetto la Germania) per la cura di malattie croniche non trasmissibili e per la salute mentale. Alimentazione scorretta e sedentarietà hanno un impatto economico

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Alimentazione scorretta e vita sedentaria hanno un impatto economico sul sistema sanitario

Roma, 4 dicembre 2024 – E’ di un miliardo l’anno il costo dell’inattività fisica per l’Italia, mentre a livello globale il conto potrebbe arrivare addirittura a 300 miliardi di euro entro il 2030 per circa 500 milioni di nuovi casi di malattie non trasmissibili prevenibili. Sono i due numeri più rilevanti che emergono dal rapporto presentato oggi al Senato dalla Fondazione Aletheia - primo think tank scientifico italiano dedicato all'educazione alimentare - dal titolo ‘Cibo e Sport: buona alimentazione e attività fisica, un connubio perfetto per la salute’. A presentare la ricerca, coordinata dal comitato scientifico della Fondazione presieduto dal professor Antonio Gasbarrini, alla presenza del ministro della Salute Orazio Schillaci e del ministro per lo Sport e giovani Andrea Abodi, sono stati i responsabili della Fondazione guidata dal presidente Stefano Lucchini e dal direttore Riccardo Fargione.

L’analisi della Fondazione Aletheia pone l’attenzione su una serie di malattie croniche non trasmissibili, prevenibili attraverso una corretta alimentazione e un’attività fisica regolare. L'inattività fisica continua a rappresentare, infatti, una delle principali sfide per la salute pubblica, con impatti diretti non solo sul benessere individuale, ma anche sui sistemi sanitari globali.

L’impatto economico delle abitudini alimentari e sportive

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’inattività fisica è un fenomeno in aumento a livello globale, con la percentuale di persone inattive salita dal 26% nel 2010 al 31% nel 2020. Se la tendenza non si invertirà, si stima una ulteriore crescita entro il 2030 con un’incidenza della popolazione inattiva che potrebbe toccare il 35% della popolazione mondiale. Chi non pratica attività fisica regolare presenta un rischio maggiore compreso tra il 20% e il 30% di sviluppare patologie croniche, con un impatto diretto sui sistemi sanitari.

L’inattività fisica potrebbe generare nel decennio 2020-2030 circa 500 milioni di nuovi casi di malattie non trasmissibili prevenibili, con costi di trattamento a livello globale pari a 300 miliardi di euro.

Per l’Italia l'inattività fisica costa 1 miliardo all'anno per la cura di malattie non trasmissibili e per la salute mentale, con l’Italia che si colloca al secondo posto in Ue per costi derivanti l’inattività fisica subito dopo la Germania (2,8 miliardi di euro) e prima di Francia (932 milioni) e Spagna (446 milioni). Si tratta di un costo per ogni cittadino italiano di 17 euro l’anno imputabile solo alla mancanza di attività fisica adeguata e regolare. Peggio solo la Germania con 34 euro pro-capite/anno ed il Portogallo con 22 euro pro-capite/anno.

In Italia, il Rapporto Annuale Istat 2024 evidenzia un miglioramento nella pratica dell’attività fisica. Negli ultimi vent’anni, la percentuale di adulti inattivi è scesa dal 39,5% al 31,5%, con aumenti significativi nella pratica sportiva tra giovani e anziani. La fascia 16-24 anni ha registrato un incremento, passando dal 54,2% del 2003 al 57,7% del 2023, mentre tra gli over 65 si è assistito a una crescita che ha visto raddoppiare i praticanti, dal 6,7% al 16,4%.

Le abitudini alimentari e sportive hanno un notevole peso anche dal punto di vista economico poiché agendo su queste leve in un’ottica di prevenzione è possibile ridurre i costi del servizio sanitario nazionale dovuti a patologie riconducibili una cattiva alimentazione e sedentarietà.

Abitudini sportive degli italiani

Secondo il Rapporto della Fondazione Aletheia, gli italiani dedicano in media dalle 3 alle 4 volte a settimana all’attività fisica, con il 47,2% che pratica sport almeno una volta ogni sette giorni. Le sessioni durano in media 64 minuti, un tempo in linea con le raccomandazioni minime per ottenere benefici per la salute. Le differenze tra genere ed età sono lievi: gli uomini praticano sport per circa 68 minuti a sessione, le donne per 60, mentre i giovani tra i 18 e i 24 anni raggiungono i 69 minuti.

Tra le attività più diffuse spiccano la camminata veloce (36,6%), la ginnastica generica (23%) e il fitness, incluso spinning e palestra (20,4%). Anche il ciclismo (14%) e il nuoto (9,2%) sono diffusi.

Per il 63,5% degli intervistati, lo sport è sinonimo di salute fisica, seguito da relax (38,1%) ed equilibrio mentale (28,9%). I giovani (18-24 anni) sono motivati dal divertimento e dalla competizione, mentre gli over 55 lo praticano per seguire raccomandazioni mediche. Il 47,5% preferisce allenarsi all’aperto, il 31,3% in palestra e il 23,4% in casa.

Preoccupante è inoltre il trend crescente di bambini ed adolescenti che passano sempre più tempo davanti smartphone, pc, tablet e tv riducendo sempre di più l’attività fisica e sportiva. Infatti per quanto riguarda la sedentarietà i dati rilevano una preoccupante situazione per i più giovani contro un lieve miglioramento sulla popolazione in generale. Relativamente all’utilizzo quotidiano del cellulare nella fascia dei più giovani tra i 6 e i 10 anni si rileva un forte incremento con un’incidenza triplicata che passa dal 10,8% nel 2013 al 33,4% nel 2023.

Differenze nell’alimentazione: giovani vs over 65

L’indagine evidenzia tuttavia differenze marcate nelle scelte alimentari. I giovani consumano più snack, piatti pronti e bevande energetiche (fino a 2,5 volte a settimana), mentre gli over 65 limitano tali prodotti fino a 6 volte in meno. Tuttavia, nessuna fascia d’età raggiunge pienamente le raccomandazioni di consumo giornaliero di frutta e verdura, con solo l’8,5% degli intervistati che dichiara di consumarne le cinque porzioni consigliate.

Il consumo di integratori alimentari è diffuso, con il 43% degli intervistati che ha utilizzato integratori vitaminici negli ultimi sei mesi e il 30% che ha scelto sali minerali o altri integratori. I giovani (25-34 anni) sono i principali consumatori di integratori vitaminici (59%) e proteici (30%), rispetto al 29% e al 13% degli over 65. Interessante, inoltre, l’approccio agli integratori naturali, con i più anziani che li prediligono (80%) rispetto a quelli sintetici (5%). Situazione diversa invece per i più giovani che mostrano un’apertura maggiore verso gli integratori di sintesi (23%).

Gli ostacoli alla pratica sportiva

Tra le principali barriere all’attività fisica si segnalano la mancanza di tempo (46,2%), problemi di salute o età (34,1%) e pigrizia (31,5%). Per i giovani, la difficoltà a bilanciare studio e lavoro rappresenta un fattore critico, mentre nelle fasce più anziane incidono le condizioni fisiche e l’età.