"Sapevamo che le risorse a disposizione erano limitate; ci piacerebbe poter assistere a manovre più ambiziose, in termini di taglio della pressione fiscale su imprese e cittadini e in termini di stimoli alla crescita. Ma occorre fare anche i conti con la realtà e con il poco spazio di manovra che ci concedono i vincoli europei". Alessandro Spada, presidente di Assolombarda, spezza una lancia a favore della legge di bilancio: "Giudichiamo al momento in modo molto positivo la notizia che, in questo testo iniziale, entrambi gli interventi su Irpef e cuneo fiscale sarebbero non solo stati confermati ma resi strutturali". Ma conta anche sul dialogo in corso: "Chiediamo a questo governo, che ha ancora davanti a sé tre anni, quindi tre leggi di bilancio, di lavorare con coraggio a un doppio percorso: il primo di spending review per quelle voci che non contribuiscono al rilancio strutturale dell’economia e il secondo, parallelo, di riduzione della pressione fiscale. Aspettiamo poi l’introduzione della mini-Ires. Ad oggi, infatti, il principale intervento sul reddito di impresa è stata l’abrogazione dell’Ace, che aveva aiutato le nostre aziende a patrimonializzarsi".
Nella sua relazione all’assemblea di Assolombarda, lei ha centrato il discorso sull’Europa. Cosa vi aspettate dalla prossima legislatura?
"L’Europa deve cambiare passo. È un’urgenza e una priorità per salvaguardare la nostra impresa. Siamo quindi d’accordo con Mario Draghi sulla necessità di realizzare una nuova strategia industriale che superi gli ostacoli che hanno limitato la crescita del nostro continente negli ultimi 30 anni. Dobbiamo superare due ostacoli profondi: le regole eccessive e le ideologie. L’ambizione deve essere un’Europa pragmatica, al servizio della crescita e non della burocrazia. Un’Europa che superi quella rigidità decisionale che non tiene conto del rischio di tagliarci fuori dalla competizione globale con le nostre stesse mani. Il risultato è che l’Europa perde terreno: nel 1990 valeva oltre il 23% del Pil mondiale, oggi è al 14%".
Cosa succederà nel comparto automotive?
"Il rischio è la de-industrializzazione della filiera. In Europa la transizione verso l’elettrico potrebbe mettere a rischio fino a mezzo milione di posti di lavoro, molti dei quali in Germania. E la difficoltà dell’industria tedesca interessa a noi più di chiunque altro Paese proprio per la posizione in catena di fornitura loro delle nostre imprese. In Italia sono fino a 40.000 i posti di lavoro a rischio in tutta la filiera al 2030 e si stima un calo di fatturato di 7 miliardi di euro per il settore della componentistica. Gli effetti della crisi tedesca si vedono anche in Lombardia: sono diminuite di - 1,8 miliardi di euro le vendite del territorio verso la Germania nel 2023. E per questo motivo che l’industria dell’auto suona una sveglia di concretezza per tutti in Europa. Dobbiamo dircelo chiaramente: la data decisiva del 2035 per lo stop al motore endotermico non potrà essere rispettata".
Sul fronte energia, lei spinge per il nucleare: il governo è sulla strada giusta?
"Da tempo insistiamo sulla necessità di investire sul nucleare moderno, che garantisce la più alta produzione energetica a fronte della minore emissione di CO2 e ci permette di ridurre l’esposizione ai rischi geopolitici. È una priorità soprattutto per il territorio di Assolombarda: due terzi del fabbisogno nazionale di energia viene dal Nord Italia, che può far meno affidamento su alcune fonti rinnovabili. Apprezziamo quindi l’impegno da parte del governo di arrivare a un quadro giuridico entro la fine dell’anno. E apprezziamo l’impegno del Mimit di realizzare una newco italiana con partnership tecnologica straniera per i reattori di terza generazione. Serve però anche una precisa pianificazione finanziaria e operativa".