Roma, 6 giugno 2023 – Assegno unico, è ora di fare i conti. In questi giorni circa 900.000 famiglie italiane (il 16% di quelle aventi diritto) si sono viste accreditare importi diversi dal solito in relazione al contributo statale riconosciuto ai nuclei con figli a carico. La maggior parte (512.000) ha potuto contare su una rettifica al rialzo, mentre le altre (378.000) dovranno fare i conti con una decurtazione che verrà scaglionata nell’arco delle prossime mensilità. Il Sole 24 Ore ha effettuato una serie di calcoli, quantificando in circa 140 milioni di euro l’aumento che verrà riconosciuto, corrispondente a una media di 272 euro a famiglia. Le cifre da restituire sono invece inferiori: 15 milioni complessivi, che si tradurranno in tagli medi agli assegni di 41 euro.
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Il motivo del ritardo
Che lo Stato stesse mettendo mano alla calcolatrice si era intuito già nelle scorse settimane, visto che la data di versamento dell’importo a sostegno delle famiglie era slittata rispetto ai normali termini di metà mese. In effetti, col via libera arrivato a fine maggio e i cinque giorni lavorativi necessari all’accredito, le somme di denaro sono arrivate sui conti correnti proprio in queste ore. Fermo restando il fatto che le casse pubbliche italiane sono fortunatamente lontane da rischi di insolvenza, il motivo legato al ritardo, che ha comunque allarmato molti contribuenti, era da attribuire a un riconteggio degli importi dovuti. A chiedere spiegazioni sono stati in tanti, che hanno lamentato il mancato versamento della quota mensile, in molti casi dirimente in fatto di chiusura di conti decisamente complessi da far quadrare. Soprattutto di questi tempi.
Nuovi parametri
A incidere sulla ridefinizione di quanto spettante è stato il mix di cambiamenti che si sono verificati negli ultimi mesi in tante famiglie. Serve infatti ricordare che l’assegno unico è riconosciuto dal 2022 e che ogni anno gli importi devono essere riconfermati inviando copie aggiornate delle dichiarazioni Isee e comunicando eventuali modifiche ai nuclei: la nascita di nuovi bimbi è per esempio un fattore che porta un ricalcolo a favore di mamme e papà, mentre ragazze e ragazzi che salutano i genitori per iniziare il loro percorso di vita in autonomia, ha effetto contrario.
Il nodo dell’Isee
In molti casi però a fare la differenza è stato l’ormai notissimo modello utilizzato per ‘misurare’ la ricchezza delle famiglie. Chi aveva già presentato la domanda nel 2022 non era tenuto a inviarne una nuova, ma doveva in ogni caso allegare una aggiornata dichiarazione Isee, anche nel caso in cui non ci fossero state variazioni. Chi ha rispettato i dettami e ha proceduto all’invio, in questa fase vedrà riconoscersi gli eventuali importi a conguaglio (vale ovviamente anche in caso di storni), mentre chi non ha provveduto all’adempimento, verrà automaticamente retrocesso alla somma minima garantita alle fasce di reddito più alte.
Nuovi nati
Si ha diritto a percepire l’assegno fin dal settimo mese di gravidanza, ma per presentare la domanda serve il codice fiscale del nuovo nato e dunque per avviare la pratica c’è tempo fino a 120 giorni dopo la nascita. Con ovviamente il riconoscimento degli arretrati. L’arrivo di nuovi figli modifica anche il numero dei familiari, con ulteriori possibilità di veder aumentare l’assegno complessivo, magari in relazione ai nuclei numerosi.
Nodo trasparenza
Per conoscere con chiarezza quali parametri hanno portato all’attribuzione delle nuove quote servirà invece ancora qualche giorno di pazienza: il 10 giugno infatti ogni famiglia riceverà copia della documentazione che certificherà gli interventi contabili adottati.