Giovedì 18 Luglio 2024

Armani e Dior finiscono nel mirino dell’Antitrust

L'Antitrust indaga su Armani e Dior per possibili violazioni nel rispetto delle norme del Codice del consumo nella filiera della moda, con sospetti di condotte illecite legate allo sfruttamento e al caporalato. Le società coinvolte potrebbero aver fornito informazioni non veritiere sulle condizioni di lavoro dei propri fornitori.

Armani e Dior finiscono nel mirino dell’Antitrust

Armani e Dior finiscono nel mirino dell’Antitrust

Dopo le indagini della Procura di Milano su sfruttamento e caporalato nella filiera della moda, l’Antitrust punta i fari sulle società dei gruppi Armani e Dior. È stata avviata infatti un’istruttoria per possibili condotte illecite nella promozione e nella vendita di articoli e di accessori di abbigliamento, in violazione delle norme del Codice del consumo. In entrambi i casi, spiega l’Antitrust, le società finite ieri al centro di un’ispezione (Giorgio Armani Spa, G.A. Operations Spa, Christian Dior Couture, Christian Dior Italia Srl e Manufactures Dior Srl) potrebbero avere presentato "dichiarazioni etiche e di responsabilità sociale non veritiere, in particolare riguardo alle condizioni di lavoro e al rispetto della legalità presso i loro fornitori". Inoltre, le società "avrebbero enfatizzato l’artigianalità e l’eccellenza delle lavorazioni", avvalendosi invece di forniture provenienti da laboratori che impiegano operai con salari inadeguati, orari di lavoro oltre i limiti di legge e in condizioni sanitarie e di sicurezza insufficienti.

L’istruttoria è scaturita anche dalle indagini aperte da mesi dalla Procura di Milano sul mondo della moda che, il 5 aprile, hanno portato il Tribunale a disporre l’amministrazione giudiziaria per la Giorgio Armani operations Spa, e il 10 giugno lo stesso provvedimento per la Manufactures Dior Srl. Stando agli atti dell’inchiesta dei carabinieri e dei pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone, un laboratorio clandestino poteva vendere all’intermediario-fornitore una borsa finita a poco più di 90 euro, che poi arrivava in negozio col marchio Armani a 1800 euro. La società del gruppo Armani non è indagata, mentre sono accusati di caporalato i quattro titolari "di aziende di diritto o di fatto di origine cinese". Simili gli accertamenti dei pm che hanno portato all’amministrazione giudiziaria per la società del gruppo Dior (non indagata).

Le società gruppo Armani, in una nota, definiscono "infondate" le ipotesi delineate e si dicono "fiduciose che gli accertamenti avranno esito positivo". "Consapevole della gravità delle violazioni commesse dai fornitori in oggetto e dei miglioramenti da apportare ai propri controlli e alle proprie procedure – scrive Dior – la maison sta collaborando con gli organi giudiziari. Nessun nuovo ordine sarà effettuato con questi fornitori. Dior sta lavorando intensamente per rafforzare le procedure esistenti".

Andrea Gianni