
Un apicoltore mentre estrae il miele
Roma, 24 ottobre 2024 – Quanto siano importanti le api, e quanto conti il loro stato di salute per capire quello in generale della natura, è cosa ormai acclarata. Il ruolo non solo delle api ma anche degli altri impollinatori, in termini di mantenimento della biodiversità e di salubrità alimentare è da tempo riconosciuto, non solo dal mondo scientifico, ma anche dall’opinione pubblica, che fra l’altro apprezza sempre di più il miele, alimento gustoso e salutare. Ma i problemi causati dall’uso a volte indiscriminato di pesticidi, la domanda sempre alta e gli sconvolgimenti climatici stanno creando non pochi problemi a soddisfare la domanda interna. In Italia 1,6 milioni di alveari Il settore delle api e del miele ha raggiunto negli ultimi anni valori significativi: con oltre 22 mila aziende agricole e più di un milione di alveari, l’Italia è al 6° posto in Europa per numerosità di alveari, di cui circa l’80% gestiti da apicoltori professionali, un trend in continua crescita, se si confrontano i dati degli ultimi 2 censimenti ISTAT (nel 2020 si registra + 57% di alveari a livello nazionale, rispetto al 2010). Dal 2016, inoltre, il settore può contare su rilevazioni più precise e sistematiche grazie all’istituzione della Banca Dati Apistica (BDA) che rileva una crescita costante di aziende (anche prive di terreno agrario), di apicoltori (72.000 tra i professionali e coloro che producono per autoconsumo) e di alveari (oltre 1,6 milioni). Oltre la metà delle aziende apistiche, si concentra nelle regioni del Centro Nord, mentre quelle meridionali sono numericamente inferiori, ma mediamente più grandi, anche se con dimensioni molto piccole di SAU (oltre il 50% non arriva a un ettaro di Superficie Agricola Utilizzata). Nella maggior parte dei casi (74%) si tratta di aziende caratterizzate da un orientamento produttivo misto, che comprende sia attività di coltivazione che di allevamento.
I dati emergono dal Rapporto CREA "Api e Miele: opportunità: potenzialità e minacce per una filiera essenziale", realizzato grazie alla collaborazione dei centri di ricerca del CREA Politiche e Bioeconomia, Agricoltura e Ambiente, Alimenti e Nutrizione e Orticoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, nell’ambito delle attività delle Rete Rurale Nazionale. Nel Rapporto si sottolinea fra l’altro l’evidenza di un settore che ha contato negli anni su una interessante crescita, ma che sta vivendo un momento di crisi, trovandosi ad affrontare sia problematiche di mercato – crescita dei costi di produzione a fronte di riduzione dei prezzi all’ingrosso e concorrenza di mieli esteri di scarsa qualità - sia, soprattutto, una fortissima esposizione ai cambiamenti climatici. 83,8 milioni di euro stanziati per il periodo 2023-2027 Alla filiera delle api e del miele italiana, per la programmazione 2023-2027, sono stati destinati 83,8 milioni di euro, risorse per il 30% stanziate dalla PAC e per il 70% cofinanziate con risorse nazionali. La relazione con l’attività agricola è fortissima: oltre alle questioni legate alla qualità degli ecosistemi, nel rapporto si stima che oltre il 30% del valore economico delle produzioni vegetali derivi dalle coltivazioni che beneficiano dell'azione di impollinazione delle api. L’Italia può contare su una grande varietà di mieli uniflorali (oltre 30) e diversi millefiori, fortemente caratterizzati sul territorio e determinati dall’immenso patrimonio di ambienti e di biodiversità del Paese. Senza dubbio un fattore di qualità dei prodotti, fondato su stretti legami con i territori di produzione e che è anche alla base del Sistema di Qualità Nazionale. La produzione nazionale, che nel 2022 ha raggiunto circa 23.000 tonnellate, in forte ripresa rispetto all’anno 2021, quando la produzione si era fermata a 12.450 tonnellate (dati Osservatorio Nazionale Miele) resta però insufficiente rispetto alla domanda, per cui le importazioni si raggiungono le 26.500 tonnellate circa, pari a 100,8 milioni di euro.