Roma, 8 ottobre 2019 - Il ministro dell’Economia riapre la partita dell’Iva, rilanciando la proposta di una rimodulazione delle aliquote a seconda dei beni e dei servizi e dello strumento utilizzato per pagare (contante o carta e bancomat). Insiste, però, sul punto-chiave che non si tratterebbe di un’operazione per fare cassa, ma "magari a saldo zero". Un’avvertenza, quest’ultima, per tentare di disinnescare i veti di chi nella maggioranza (Matteo Renzi e Luigi Di Maio) vuole evitare che l’intervento si trasformi in un incremento delle tasse.
Anche se il nodo delle risorse mancanti (dai 5 ai 7 miliardi) e di quelle che servirebbero in aggiunta si fa sempre più complesso: i leader sindacali, con la numero uno della Cisl, Anna Maria Furlan, in prima linea, avvisano, durante il summit con il premier Giuseppe Conte, che i fondi per il taglio del cuneo "non bastano". E, del resto, secondo le prime stime se si volesse garantire un bonus anche ai lavoratori a basso redditi (che non versano l’Irpef), il beneficio non supererebbe i 20 euro mensili. Mentre si avvia anche uno specifico tavolo sulle pensioni e sulla possibile revisione di Quota 100. La lunga giornata del cantiere della manovra riserva i piatti-forti a tarda sera durante l’audizione del ministro dell’Economia in Parlamento. Al centro dell’attenzione rimane l’Iva. Gualtieri, che fin dalla mattinata in Confindustria, valutando una proposta degli industriali, spiega che rimodulare l’Iva può avere effetti positivi sui redditi, in serata è ancora più esplicito: "La rimodulazione dell’Iva non c’è, c’è la completa sterilizzazione, ma questo non esclude che si possano valutare rimodulazioni per avere un più equo ed efficace meccanismo delle aliquote" al momento "non sempre razionale".
Dunque, è tuttora aperta la doppia partita di spostamenti di beni e servizi verso aliquote più elevate (quelli di lusso, il classico tartufo, e quelli del turismo e ristorazione) e verso aliquote più basse (pannolini, assorbenti, bollette, alimentari e simili) e di ritocchi che possono "anche costituire un volano a incentivi a forme di pagamento digitale". Dal titolare del dicastero di Via XX Settembre, però, sono venute anche altre indicazioni di merito sull’impianto della manovra. Si va dalla rassicurazione sul rinnovo dei contratti pubblici (lo stesso Conte lo ha garantito ai sindacati) alla conferma del bonus di Renzi degli 80 euro, come anche dell’attuale flat tax per le partite Iva fino a 65 mila euro ("che presenta molteplici profili critici, ma non si possono cambiare le regole del gioco ogni anno"), fino alla smentita sull’ipotesi delle famiglie sostituto d’imposta per colf e badanti ("È una fake news").
Quel che è certo, comunque sia, è che "ora la priorità – insiste Gualtieri – è la riduzione della tassazione sul lavoro dipendente". Il problema è che anche su questo punto i conti non tornano. I 2,5-2,7 miliardi previsti non bastano. I leader sindacali, dopo i vertici di Confindustria, lo ripetono senza mezzi termini a Conte. Il dossier sarà affrontato a uno dei tavoli istituiti tra governo e sindacati ieri, ma se le risorse restano quelle, ci sarà ben poco da distribuire: se si vogliono dare 40 euro mensili, ci si deve limitare alla stessa platea degli 80 euro. Gli incapienti e i pensionati sono fuori. Se si vuole includere anche queste ultime categorie, il bonus scenderebbe a meno di 20 euro.