Milano, 28 novembre 2024 – È tra i top manager del settore finanziario, classificata, già nel 2022, fra le 50 donne più potenti d’Italia. Ha una filosofia, di cui parla spesso: “Ogni volta che noi investiamo in innovazione e in competenze, abbiamo due effetti: il primo diretto a livelli di competitività, quindi di ritorno del capitale investito”. L’ha modellata sulle aziende, ma ha funzionato anche nella sua carriera. Alessandra Ricci, romana, una lunga esperienza nella finanza internazionale di impresa, è amministratore delegato e direttore generale di Sace, il gruppo assicurativo-finanziario controllato dal ministero dell’Economia e delle Finanze e specializzato nel sostegno delle imprese e del tessuto economico. Sotto la sua guida ha registrato un aumento del 65 per cento dell’utile netto nel primo semestre del 2024. “È stata una bella semestrale – osserva – ma oltre che dei risultati economici siamo soddisfatti dell’impact factor. L’utile si è incrementato per una serie di fattori. E uno è legato alla minore rischiosità del portafoglio complessivo”.
Dal varo del Piano Insieme2025, Sace ha mobilitato 80 miliardi di euro. Che tipo di impatto ha generato sul sistema produttivo italiano?
“Le imprese continuano a investire. E fanno investimenti per i miglioramenti di processo e di prodotto. Sempre in chiave di sostenibilità. Questo rende i prodotti più competitivi”.
Si parla di un impatto di 220 miliardi e di supporto a 1,3 milioni di posti di lavoro. Soddisfatta quando si guarda allo specchio?
“Penso sempre di dover alzare l’asticella delle ambizioni. Sono abituata così”.
Sace ha lanciato la polizza Protezione Rischio Clima per coprire le imprese dai rischi climatici. Lei ci crede molto.
“Ho visto personalmente i luoghi alluvionati in Emilia-Romagna e cosa comportano i disastri ambientali per la vita delle imprese. È bene che le aziende italiane siano consapevoli non solo di quanto rischiano senza un’adeguata tutela, ma anche di cosa rischiano di pagare in prospettiva rinunciando a una polizza”.
L’obbligatorietà della copertura assicurativa è fonte di polemiche.
“Noi abbiamo pensato a un’assicurazione a prescindere dall’obbligatorietà. C’è un tema di educazione sul ruolo di questo tipo di polizze e su come possono aiutare chi fa impresa. Ma c’è anche una componente di natura finanziaria. Le banche andranno a ponderare sempre di più la posizione di ogni singola azienda rispetto ai rischi climatici. E calcoleranno i costi dei finanziamenti anche su questa base. Sono convinta che il costo di una polizza sia inferiore a quello del tasso di interesse che verrà applicato a chi in futuro ne sarà sprovvisto”.
Anche la transizione green spaventa le imprese.
“Noi abbiamo garantito 12 miliardi di garanzie green a supporto delle Pmi; 800 i progetti supportati. Chi investe in sostenibilità aziendale ha il 15% di possibilità in più di crescere rispetto a chi non lo fa”.
Lei è una donna al vertice. C’è un gap di gender nel mondo del lavoro: come fare a colmarlo?
“In Sace abbiamo creato Women i Export, una community di donne – direttori finanziari e titolari di imprese – per la formazione e per la condivisione di esperienze. Uno dei temi culturali da superare è quello relazionale”.
L’ha sperimentato personalmente?
“Sono stata fortunata. Ho vissuto in ambienti di lavoro a prevalenza maschile (le banche, soprattutto), ma non ho percepito differenze. Il talento delle persone è equamente distribuito. Se ci sono più maschi al comando significa che c’è un bias di tipo culturale che non è stato ancora combattuto”.
Cosa sognava di fare all’inizio della sua carriera?
“Di lavorare per cambiare qualcosa. Anche perché sono una persona che si annoia facilmente”.
C’è riuscita?
“Con le banche sì. La scelta di passare a lavorare per una società istituzionale l’ho fatta per un senso di restituzione. Tutto quanto avevo imparato per 15 anni potevo metterlo a frutto a beneficio del Paese”.
La sua passione?
“Il cicloturismo. In mountain bike. Aiuta a tenersi in forma e a vivere il paesaggio. Ma non in velocità. In un mondo che va velocissimo, anche nel lavoro, ho scoperto il gusto del viaggiare lento, sulle due ruote”.
Due itinerari nel cuore?
“Quello dell’Alpe Adria, fra Grado e Salisburgo, e quello della Claudia Augusta, una strada tracciata dai romani, e perciò senza curve. Parte da Venezia e arriva in Germania. Da duemila anni unisce l’Italia col cuore dell’Europa. In salita, naturalmente”.