Giovedì 21 Novembre 2024
VITTORIO BELLAGAMBA
Economia

Agroalimentare: l’inflazione energetica come principale sfida per 7 aziende su 10

Una filiera estesa da 282 miliardi di euro che coinvolge 30 macro settori e genera il 16,4% del PIL. Quale futuro per il Food&Beverage e quali le sfide dei prossimi anni

Un momento dei lavori del settimo Forum Ambrosetti sul Food & Beverage

Un momento dei lavori del settimo Forum Ambrosetti sul Food & Beverage

Bormio, 10 giugno 2023 – Nel settore Food & Beverage, per sette aziende italiane su dieci (69,2%) il problema più grave causato dallo stato di “Poli-Crisi”, la crisi permanente che l’economia globale sta vivendo da oltre 3 anni, è l’inflazione energetica. The European House – Ambrosetti ha intervistato un campione di 500 aziende del comparto con una survey presentata in occasione del 7° forum ‘La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni’ organizzato a Bormio.

Nella lista degli impatti negativi al secondo posto ci sono gli effetti della crisi inflattiva delle materie prime (49,9%), e via via gli strascichi della pandemia COVID-19 (23,0%) e, in linea con la crescita dei prezzi sulle materie prime, la difficoltà di approvvigionamento degli input produttivi (22,2%). All’ultimo posto troviamo, invece, l’impatto dei danni legati alla siccità (13,5% delle imprese) che trova spiegazione nella storica dipendenza da materie prime estere delle aziende italiane. Nonostante questi impatti, 1 impresa su 3 ha dichiarato di aver mantenuto il proprio piano strategico in questo periodo di crisi. Ad oggi, nonostante una pressione crescente sui costi operativi, quasi quattro imprese su dieci (39,4%) affermano di aver aumentato i propri prezzi al consumo meno di quanto sia aumentata l’inflazione e l’11,6% è stata persino in grado di non aumentare il prezzo. “E’ la dimostrazione – ha affermato Valerio De Molli - Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti - del ruolo sociale delle imprese in questo contesto di difficoltà anche del potere di acquisto dei cittadini. Da solo, tuttavia, l’assorbimento di parte del peso dell’inflazione da parte degli operatori della filiera non è comunque sufficiente: questo contributo si inserisce infatti in un quadro che vede i consumi alimentari fermi da oltre un decennio e con una flessione del 3,4% nell’ultimo anno dovuta al momento di crisi, ma non solo. L’Italia è il Paese in cui il salario medio annuale è cresciuto di meno negli ultimi 30 anni tra USA, Paesi Bassi, Germania, UK, Francia e Spagna, e dal 2021 al 2022 i salari medi reali si sono ulteriormente ridotti del -3,1% contribuendo così a una sostanziale immobilità del potere d’acquisto”.

La filiera agroalimentare italiana genera 282 miliardi di euro, 16,4% del Pil

Come emerso dall’analisi di The European House – Ambrosetti, l’intera filiera agroalimentare italiana sostiene circa 30 macro-settori, contribuendo alla realizzazione del 16,4% del PIL nazionale. Con 282 miliardi di euro di valore aggiunto, di cui 64,1 diretti, il contributo dell’agroalimentare al PIL italiano è pari a 2,5 volte il settore automotive di Francia e Spagna messe insieme. Nel 2022, la bilancia commerciale della filiera agroalimentare italiana è tornata, tuttavia, negativa con un saldo di -2 miliardi di Euro, dopo i primi 3 anni di solidità dal 2019 al 2021. L’esposizione internazionale della filiera agroalimentare è guidata da un deficit agricolo in continuo peggioramento, che ammonta a -13,2 miliardi di Euro nel 2022. Infatti, a causa della dipendenza agricola dall’estero, il Paese ha “perso” circa 100 miliardi di Euro di PIL nel periodo 2010-2022. “Anche il 2023 potrà essere un anno complesso, la recente alluvione in Emilia-Romagna ha aggravato la situazione ponendo sempre di più l’accento sugli impatti devastanti del cambiamento climatico”. “Abbiamo riunito a Bormio – ha concluso De Molli - per il settimo anno consecutivo i massimi esponenti del settore delle imprese, della distribuzione e delle istituzioni che contribuiscono a rendere l’agroalimentare italiano il fiore all’occhiello del made in Italy nel mondo. Alimentazione, sport e salute rappresentano la sfida del settore per i prossimi anni e i valori su cui abbiamo costruito il nostro dibattito. Per continuare a occupare una posizione di leadership sono necessarie azioni concrete, proposte per il rilancio del settore in un momento così complesso: dal sostegno ai consumi, all’incremento delle dimensioni medie delle aziende, alla lotta all’Italian Sounding, alla riduzione della dipendenza dall’estero fino alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico e a nuove politiche di educazione alimentare”.

Il futuro del retail

Nel corso della sessione dei lavori del convegno alcuni dei protagonisti della distribuzione organizzata si sono confrontati sul tema: “Il futuro del retail strategie e visioni a confronto”. Christophe Rabatel chief executive Carrefour Italia ha detto: “In Carrefour Italia pensiamo che il futuro si costruirà con la sostenibilità e l'innovazione”. Edoardo Gamboni direttore commerciale del Gruppo Végé ha evidenziato: “Il futuro per il Gruppo Végé significa essere molto sani e molto solidi”. Patrizio Podini presidente MD ha sottolineato come sta cambiando il settore: “Quattro o cinque anni fa avevo pronostricato che i discount ento il 2030 avremmo avuto il 30% del mercato oggi siamo al 23% e quindi siamo sulla strada giusta”. Cesare Ferrero presidente Sogemi ha detto: “Il nostro obiettivo è quello di essere nel 2024 un city hub alimentare in linea con le altre infrastrutture esistenti in Spagna e in Francia”. Laura Gabrielli amministratore delegato di FG Gallerie Commerciali ha evidenziato: “Il retail settore è dinamico e in grande evoluzione ed è quello in cui il Gruppo Gabrielli continua a credere. Non solo perchè facciamo commercio da oltre 120 ma anche perché ne viviamo l'evoluzione nelle sue diverse sfaccettature. In questa fase congiunturale è estremamente importante tutelare il potere d'acquisto dei consumatori e in questo serve il coinvolgimento dell'industria. Nel nostro caso dobbiamo tutelare anche i piccoli fornitori locali. Inoltre, i centri commerciali non sono più solo luoghi destinati all'acquisto ma anche dei luogi di socialità e inclusività. Nel nostro centro commerciale di Ascoli grazie ad una app realizzata con l'Unione Italiana Ciechi siamo riusciti a dare, primi in Italia, la possibilità di far fruire la struttura anche ai non vedenti e agli ipovedenti”. Per quanro riguarda il rapporto tra la grande distribuzione organizzata e l'industria Francesco Avanzini direttore generale operativo di Conad ha detto: “Il rapporto con l'industria non è allineato con le visioni future del nostro comparto. Dobbiamo individuare strategie comuni e noi siamo pronti a fare la nostra parte”. Maniele Tasca general manager di Selex ha aggiunto: “Dobbiamo avere un dialogo diverso con l'industria. Aldilà dei numeri c'è una fortissima preoccupazione alla capacità di spesa dei consumatori”. Maura Latini amministratore delegato di Coop Italia ha detto: “C'è una contraddizione soltanto apparente tra un'economia che gira e la contrazione dei volumi. Dobbiamo impegnarci a garantire prezzi accessibili alle famiglie. Come Coop abbiamo fatto il possibile per tenere i prezzi sotto controllo, ma siamo preoccupati per la perdita dei volumi”. Massimiliano Silvestri presidente Lidl Italia ha detto: “Quello che per noi è importante è quello di alleviare ai nostri clienti l'impatto inflattivo e questo deve essere un impegno comune anche con l'industria”.