Roma, 29 luglio 2023 – A seguito dello sblocco della terza rata Pnrr, si è tornato ad affrontare il tema degli alloggi universitari. Questo perché l’accordo sull’erogazione della nuova tranche di fondi europei è avvenuto escludendo al momento proprio la questione dei posti letto per gli studenti, che sarà così rimandata alla quarta rata. Una soluzione che Paolo Gentiloni, Commissario Europeo per l’Economia, ha valutato come “saggia” e necessaria “per poter andare avanti”. Lo stesso Gentiloni ha comunque assicurato che la fornitura dei 7.500 posti letto arriverà.
Il problema degli affitti, infatti, rimane d’attualità. A dimostrarlo sono anche gli ultimi dati diffusi da Idealista, uno dei portali leader nel settore immobiliare: nell’ultimo anno l’offerta degli alloggi è calata notevolmente, passando da 93.164 a 86.093 annunci pubblicati. Si registra, quindi, un -16% di case disponibili per coloro che sono alla ricerca di una sistemazione temporanea, tra cui rientrano soprattutto gli studenti fuori sede. Il calo è maggiore se si raffronta il numero degli affitti con il periodo pre-pandemia, quando gli annunci presenti sul portale erano 146.642. Di contro una domanda che, proprio dopo il 2020, è cresciuta considerevolmente.
Alla copertura limitata - e in alcuni casi insufficiente - si aggiunge una maggiorazione sempre più costante del prezzo. Ulteriore motivo che, nello scorso maggio, aveva spinto alla protesta gli studenti. Basti pensare che a Milano, rispetto al 2022, è stato registrato un aumento del 10,7% del prezzo per metro quadro. Una crescita inferiore, invece, è quella della capitale che si ferma al 5,9%.
Canone concordato
In questo senso, gli affitti rimangono un problema da scardinare. E, oltre ai sostegni di tipo economico o la messa a disposizione di maggiori posti letto (in questo caso per la realtà universitaria), spunta tra le ipotesi un maggior utilizzo dei contratti a canone concordato. Una soluzione che permetterebbe di calmierare i prezzi. Il contratto a canone concordato, infatti, prevede che il costo del canone sia stabilito secondo determinati criteri e che sia in linea con determinate caratteristiche proprie degli immobili in questione. In tal senso, la legge n. 431 del 9 dicembre 1998, disciplina che le “organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale” ogni tre anni individuino criteri generali per la definizione dei canoni, anche in base alla loro durata.
Con il canone concordato, quindi, il proprietario dell’immobile non può decidere liberamente il prezzo dell’affitto del proprio immobile, ma deve tener conto del determinato range che le organizzazioni della proprietà edilizia e i conduttori maggiormente rappresentativi hanno individuato. Un calcolo misurabile tenendo conto di parametri come la zona, il totale della superficie dell’immobile o altri elementi accessori (ad esempio un balcone o un terrazzo).
Una tipologia contrattuale che potrebbe trovare il parere contrario degli stessi proprietari, ma che in realtà non prevede vantaggi esclusivamente per gli inquilini, i quali sicuramente si troverebbero di fronte a prezzi calmierati e, in alcuni casi - in base al proprio reddito complessivo -, a detrazioni fiscali. Tuttavia, il canone concordato è favorevole anche ai locatori che potrebbero usufruire di agevolazioni fiscali, tra cui la possibilità di optare per la tassazione della cedolare secca del 10%, applicabile esclusivamente in materia di contratti a canone concordato. Così come usufruire di determinate agevolazioni fiscali in materia di Imu. Riguardo alla durata, invece, il contratto a canone concordato prevede la formula del 3+2. Una soluzione che porta il rinnovo automatico del contratto laddove non ci siano richieste comunicate - almeno sei mesi prima della scadenza - dall’una o dall’altra parte. Nel caso contrario, è possibile formulare una nuova negoziazione degli accordi.