Che sia il modello tedesco (dell’aliquota continua senza scaloni e scalini) o quello più nostrano della revisione degli attuali scaglioni, una cosa appare certa fin da ora: la riforma fiscale in cantiere avvantaggerà i redditi da lavoro dipendente medio-bassi (fino a circa 40mila euro lordi annui), mentre rischia di rivelarsi una mezza stangata per quelli sopra al tetto indicato.
Taglio alle detrazioni Irpef: ecco cosa cambierà
Soprattutto per effetto del mix tra riassetto Irpef e taglio delle detrazioni (per sanità, casa e altro) per chi guadagna oltre una certa soglia. Una miscela che può determinare una perdita secca di potere di acquisto proprio per le fasce medio-alte.
Ed è su questo aspetto che puntano l’indice sia i renziani, con Luigi Marattin, sia il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, hanno bocciato il riassetto ipotizzato: "Credo che non si possa definire riforma fiscale solo una modifica delle aliquote Irpef. Non è quella la strada per creare più potere d’acquisto: riformare significa rivedere l’impianto della politica fiscale in Italia, che è assurda". La partita economica e politica sul dossier fiscale è, dunque, agli inizi. E gli schieramenti in campo affilano le armi.
Da un lato, il Pd e Leu spingono per una revisione delle aliquote che favorisca i redditi medio-bassi; dall’altro, Italia Viva e una parte dei 5 Stelle guardano con attenzione agli effetti anche sulle partite Iva. Un braccio di ferro che vede il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, attestato su una posizione di prudenza: "Interverremo sul fisco attraverso un processo di riforma che si caratterizzerà principalmente per il taglio cuneo fiscale sul lavoro e la revisione complessiva della tassazione con l’obiettivo di una maggiore equità".
Insomma, nella manovra per il 2021 dovrebbero entrare un nuovo intervento per ridurre il cuneo fiscale (ovvero la differenza sullo stipendio netto del lavoratore e il lordo pagato dall’azienda) e l’avvio dell’assegno unico per i figli, mentre la più ampia riforma dell’Irpef che sarà attuata nel corso del prossimo anno attraverso una delega ad hoc.
A tenere banco è il cosiddetto modello tedesco: l’idea di un’aliquota personalizzata e continua, calcolata per ciascun contribuente da un algoritmo, senza scaglioni e scaloni, nasce da una proposta di tre studiosi apprezzati in casa Pd, Ernesto Longobardi, Corrado Pollastri e Alberto Zanardi. L’effetto sarebbe quello di evitare ’salti’ di scaglione, ottenendo una progressività senza brusche impennate. A conti fatti, però, il risultato pratico sarebbe quello di favorire i redditi tra 15mila e 20mila euro, con un risparmio di 2 punti di tassazione, e quelli fino a 40 mila euro, con un vantaggio di 3 punti percentuali rispetto a oggi.
Il problema, però, è che sopra queste cifre si avrebbe un aggravio crescente, reso più rilevante dal contestuale taglio di detrazioni e deduzioni per spese sanitarie e di altra natura. Da qui la frenata: "Per il momento niente è deciso, né sui tempi né sui contenuti", spiega un esponente di governo.
È, invece, più immediato, il progetto di inserire nella manovra un nuovo modulo di riduzione del cuneo fiscale e contributivo e di far decollare l’assegno unico per i figli. Su quest’ultimo fronte dovrebbero essere stanziati 6 miliardi, che si aggiungeranno ai circa 15 del riordino degli attuali aiuti alla famiglia, dalle detrazioni per i figli a carico ai vari bonus.
Mentre, sul primo versante, dovrebbero arrivare i circa 2 miliardi necessari a stabilizzare il taglio del cuneo fiscale fino a 40mila euro di reddito scattato da luglio: i 100 euro in busta paga, infatti, sono già strutturali per chi guadagna fino a 28mila euro lordi, mentre tra questa soglia e i 40mila euro è stata introdotta una detrazione per 6 mesi (fino a dicembre) che si riduce fino ad azzerarsi via via che aumenta l’imponibile.