Venerdì 19 Luglio 2024
ROBERTA DELLA MAGGESA
Economia

Accordo Leonardo-Rheinmetall. Focus sulla difesa comune europea

L’ad Cingolani in visita a La Spezia: "La joint venture entro settembre, siamo aperti ad altre alleanze"

Accordo Leonardo-Rheinmetall. Focus sulla difesa comune europea

Accordo Leonardo-Rheinmetall. Focus sulla difesa comune europea

L’artefice del nuovo destino di Leonardo, l’uomo forte delle trattative internazionali, si siede al tavolo delle riunioni, al piano nobile dell’ex stabilimento Oto a La Spezia, con una camicia azzurra a righe. Accanto, uno zaino sportivo in pelle con il necessario per lavorare a distanza ed essere connesso con il mondo. Sono settimane frenetiche per l’amministratore delegato e direttore generale Roberto Cingolani, alla guida del gruppo industriale da 14 mesi. Oltre 53mila dipendenti nel mondo, 33mila dei quali impiegati nei 54 stabilimenti operativi su suolo italiano, un portafoglio di ordini che sfiora i 40 miliardi di euro e un profilo proiettato verso la digitalizzazione spinta e l’internazionalizzazione. Lo chiede il mercato. Lo chiedono, soprattutto, le esigenze di difesa di un continente, quello europeo, che ha bisogno, e con urgenza, di uno spazio di difesa comune. Va in questa direzione il memorandum firmato qualche giorno fa con la tedesca Rheinmetall.

L’accordo – l’assaggio di un percorso virtuoso di integrazione che dovrebbe portare nei prossimi anni allo sviluppo di un sistema internazionale di difesa terrestre e navale – getta le basi per la produzione e la commercializzazione di due nuovi veicoli, l’Italian main battle tank e Lynx, destinati all’Esercito italiano ma con una prospettiva di export internazionale. Ieri, a margine di una visita allo stabilimento spezzino del generale di corpo d’armata Luciano Portolano, la road map è stata chiarita. "Entro settembre sarà chiuso l’accordo per la costituzione della joint venture – ha spiegato Cingolani –. Un accordo complesso, che avrà respiro decennale e sarà inizialmente finalizzato a rispondere alle richieste delle nostre forze armate, ma con l’ambizione di sviluppare le migliori tecnologie per affrontare le esigenze di difesa del continente europeo, sul cui scacchiere sono già presenti giganti e aggregazioni industriali competitive a livello mondiale". La firma della partnership servirà a stabilire anche chi dovrà occuparsi di cosa. Ma Cingolani su questo ha già le idee chiare. "Parliamo di un accordo paritetico. I dettagli saranno forniti successivamente ma è legittimo immaginare una spartizione 50 a 50: semplificando enormemente, potremmo dire che i tedeschi si occuperanno della parte pesante – cingoli, trasmissione, motore – e Leonardo della torretta e delle componenti ad alto contenuto tecnologico ed elettronico". Un accordo di vasta portata, dunque (nel terrestre, in Europa, al momento non c’è nulla di paragonabile), con un valore poteziale, a vita intera, che sfiora i 23 miliardi di euro. L’ambizione di Leonardo è quella di arrivare entro la fine del 2024 a firmare il contratto con il ministero della Difesa con una proiezione di consegna del primo tank entro 36 mesi.

E se il patto dei carri armati corre lungo l’asse Roma-Berlino, nello stabilimento di La Spezia l’intesa Leonardo-Rheinmetall ha uno dei suoi snodi nevralgici. Gran parte della produzione sarà realizzata infatti proprio all’ombra dei capannoni ereditati dalla mitica Oto Melara. "Noi possiamo guardare anche a ulteriori alleanze, Knds o altri operatori in un’ottica di main battle tank allargata che potrebbero senz’altro entrare in un programma europeo più ampio. Leonardo è assolutamente aperta", prosegue Cingolani.

Negli ultimi tre anni il sito di via Valdilocchi ha conosciuto una stagione di super lavoro. Alla fine del 2023 gli addetti erano 1.190, con un incremento occupazionale del 30 per cento. Ma le previsioni di crescita sulla produzione – nei prossimi anni quella relativa ai sistemi di difesa terrestri potrebbe addirittura decuplicare – portano inevitabilmente a un pronostico di ulteriore sviluppo: gli spazi per ampliare lo stabilimento ci sono, è previsto a breve un raddoppio dei volumi, e la pianta organica potrebbe tornare ad essere quella dei tempi d’oro, sfiorando o addirittura superando le duemila unità, ma con l’iniezione di figure sempre più specializzate e capaci di garantire, sia in fase di progettazione sia lungo la catena produttiva, performance ad alto contenuto tecnologico e interventi di precisione chirurgica. Certo, serve un sistema universitario capace di reggere la sfida. "Ogni anno le università italiane – dice Cingolani – sfornano 35mila laureati Stem (laureati in discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, ndr), ma non sono sufficienti a soddisfare le esigenze. Dovremo fare accordi specifici con atenei e Its".