12 marzo 2022 - "Meta è una organizzazione estremista che incita alla violenza e all’omicidio, ai sensi degli articoli 280, 205.1 del Codice penale della Federazione Russa". La guerra in Ucraina aggredisce anche la rete. Tra Vladimir Putin, neo zar di Russia, e Mark Zuckerberg, che regna su due miliardi di utenti social, scoppia un conflitto in piena regola. Dopo l’annuncio di Meta (la società che gestisce Facebook, Instagram, Messenger e WhatsApp) di allentare le policy di censura all’odio contro i soldati russi, Mosca scatena la rappresaglia inserendo i social di Zuckerberg nella black list delle "organizzazioni estremiste". In Russia, Facebook era già bloccato. Ora tocca a Instagram che sarà stoppato dal 14 marzo, lasciando 48 ore di tempo agli utenti per copiare foto, video e contatti.
Fucile e lecca lecca: la foto della 'ragazzina con la caramella' simbolo della guerra
Al Cremlino proprio non va giù che in tutta l’area storica sotto il controllo dell’ex Urss (Armenia, Azerbaigian, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Ucraina), gli utenti di Mark Zuckerberg possano scrivere frasi come "morte agli invasori russi" o auspicare l’uccisione dello stesso Putin o del suo clone bielorusso Aleksandr Lukashenko. Espressione dei "sentimenti" in modalità che "normalmente violerebbero le regole", spiega Andy Stone, capo delle comunicazioni di Meta, raccontando la novità. Unica barriera insuperabile: non indicare gli ipotetici luogo e metodo di uccisione dei nemici in mimetica o grisaglia.
Mosca non ci sta. Prima a muoversi è l’ambasciata russa a Washington: "La politica aggressiva e criminale di Meta, che porta all’incitamento, all’odio e all’ostilità nei confronti dei russi è oltraggiosa – questo il messaggio agli Stati Uniti e alla Silicon Valley –: l’ennesima prova della guerra senza regole dichiarata dal mondo dell’informazione contro il nostro Paese. Chiediamo alle autorità di fermare le attività estremiste di Meta". Ancora. "Quello che Meta sta facendo è incitamento all’odio razziale", scandisce Anton Gorelkin, vicecapo del comitato russo telecomunicazioni. La richiesta della Procura generale di Russia – reclamizzata subito dopo – è di riconoscere Meta con tutte le sue piattaforme come "organizzazione estremista". E così scatta l’indagine penale contro i dirigenti del colosso di Menlo Park.
Secondo The Intercept, Facebook e Instagram consentirebbero la condivisione di post pro Azov, il gruppo paramilitare neonazista ucraino, purché i post sostengano la resistenza e non l’ideologia. Distinzioni di policy davvero sottili e sospetti di doppia morale. Un assist per Mosca. Il nuovo botta e risposta arriva dopo la plateale chiusura di Facebook in tutta la Federazione in replica alla censura dei media pro Putin, RT e Sputnik (attuata anche da Twitter e, da ieri, Youtube). Il contrasto sale d’intensità. E interroga tutto l’Occidente, visti i valori in gioco.