"Il lockdown è stato efficace, anche se drammatico per l’economia. Il distanziamento intelligente è una buona misura. Ma se continueremo a comportarci bene, se seguiremo le norme igieniche che ben conosciamo, sono certo di una cosa: a fine mese, almeno all’aperto, faremo a meno delle mascherine". Il professor Alberto Zangrillo, genovese, 62 anni, è seduto sulla sponda del fiume. E da lì rilancia le sue tesi, con un passo avanti. A fine maggio, in un’intervista tv che fece scalpore, disse che clinicamente il Covid non esisteva più. Apriti cielo. Buona parte dei virologi e degli epidemiologi si schierò contro il direttore della terapia intensiva dell’istituto San Raffaele di Milano. Lo accusarono di lanciare messaggi fuorvianti, confondere le idee agli italiani, incitare al liberi tutti. Lui ribattè che l’evidenza scientifica è a prova di qualunque obiezione. Poi si cucì la bocca.
Professore, i numeri quotidiani danno conto di un’epidemia sempre più labile. Aveva ragione lei?
"L’ultimo paziente entrato nella terapia intensiva del San Raffaele risale al 18 aprile. E l’ultimo positivo al virus ricoverato in reparto ordinario, con una sintomatologia semplice, è di dieci giorni fa. I miei dati sono questi. E se li confronto con quelli dei colleghi di altri ospedali, il risultato è identico. Basandomi sull’osservazione, già due mesi fa ho avuto la consapevolezza che stesse succedendo qualcosa".
Che cosa esattamente?
"Il Covid 19 c’è ancora, non è mutato, ma l’interazione virus-ospite non dà più la malattia. I tamponi più recenti hanno mostrato una carica virale di gran lunga attenuata rispetto ai prelievi di uno-due mesi fa".
Non è poco.
"È ora di ribadire una cosa: un paziente positivo non è malato. E il numero giornaliero dei contagi non ingrossa le fila dei malati. Punto".
Alcuni virologi parlano però di coda dell’epidemia in corso. Hanno torto?
"Non faccio polemica, ce n’è stata già troppa: se vogliono dire così facciano pure. Il riscontro clinico è l’unica sentinella che fa testo: in ospedale non entrano più malati".
Gli italiani come prenderanno questa verità? Allenteranno le briglie?
"Gli italiani sono già stati terrorizzati abbastanza. E soprattutto disinformati. Ciò malgrado hanno saputo capire: ora diciamogli le cose come stanno. Certo è essenziale che si comportino con la diligenza del buon padre di famiglia, per usare le parole del codice civile. Le precauzioni devono restare".
Lei accennava al dramma dell’economia: è paragonabile al prezzo pagato in termini di vite umane?
"Toccherà ai sociologi e agli storici fare questa equazione. Ora dobbiamo pensare al futuro, cioè a domattina: ci sono tutti i riscontri per cui questo Paese può tornare a una vita normale".
Cosa succederà dopo l’estate?
"Non è affatto detto che arriverà una seconda ondata".
Ma se dovesse arrivare? Un mese fa c’era chi parlava di possibili 151mila malati nelle terapie intensive.
"Non voglio commentare. E comunque ora abbiamo le cure giuste da mettere in campo. Sappiamo molto del virus".
Che cosa abbiamo imparato?
"I virologi del San Raffaele diretti da Massimo Clementi hanno accertato che si tratta di un maledetto beta coronavirus, stessa famiglia di Sars e Mers. Però è diventato meno bellicoso. I fattori ambientali giocano inoltre a nostro favore: raggi ultravioletti e temperature alte lo indeboliscono".
Che altro?
"Nel gruppo San Donato abbiamo sviluppato un approccio sistemico, producendo oltre 200 lavori correlati all’epidemia. Virologi, cardiologi, infettivologi sono entrati nello stesso gruppo, ciascuno sistemando la propria mattonella".
Risultato?
"Certi aspetti ricorrenti permettono un approccio precoce al virus, che colpisce una determinata fascia della popolazione. Questa tempestività è decisiva per il trattamento. E sarà utilissima in caso di un’ondata di ritorno".
Aspetti ricorrenti?
"La correlazione lineare con l’età: è vero che gli anziani sono più a rischio. Così come i cardiopatici o i malati oncologici".
Il Covid è ancora un nemico invisibile?
"Piuttosto direi infido. Una cosa buona però l’ha prodotta: ci impone di riorganizzare un sistema sanitario qualitativamente eccellente, ma depauperato nelle strutture base nel corso degli anni. Parlo della sanità pubblica, ovviamente. Gli ospedali, il territorio e le Regioni finalmente stanno collaborando. Bisogna ripartire da qui".