di Giampaolo Pioli
È rinchiuso da più di un anno in un carcere di massima sicurezza. Ma ne deve scontare altri 22. Ha subito un’operazione a cuore aperto ed è stato infettato dal Covid nella sua cella, ma se l’è cavata. Harvey Weinstein, 69 anni, fino a prima della condanna era uno degli uomini più potenti di Hollywood e del mondo del cinema internazionale. Ora non accetta più il ruolo di predatore sessuale, per il quale è stato condannato, e ha ordinato ai suoi avvocati di presentare appello perché il processo contro di lui venga rifatto.
"Non è stato un processo equo. Non ha avuto – dicono i legali – la possibilità di difendersi per i molti errori commessi anche dal giudice". Tra cui anche il non aver ascoltato testimoni chiamati dall’ex re di Hollywood. Durante il dibattimento il mega produttore non ha voluto testimoniare, si è sempre dichiarato innocente sostenendo che i suoi incontri sessuali fossero sempre stati con adulti consenzienti, ma alla fine ha letto una dichiarazione nella quale esprimeva "profondo rimorso" per tutti gli episodi che gli erano stati contestati.
Le 166 pagine scritte per motivare l’appello parlano di testimonianze di donne non coinvolte nelle denunce che servivano soltanto a ingigantire la sua "criminale rapacità sessuale" , come quella dell’attrice Annabella Sciorra, che ha detto di essere stata violentata nel 1993, episodio per il quale Weinstein non è stato condannato.
I 23 anni di carcere della sua condanna sono stati decisi per le violenze che invece avrebbero subito l’assistente di produzione Miriam Haley nel 2006 e dell’aspirate attrice Jessica Man nel 2013.
A scoperchiare quello che a Hollywood era un segreto di Pulcinella furono il New York Times e il New Yorker che con inchieste e reportage misero a nudo le perversioni di Weinstein, che spesso incontrava le sue prede nelle stanze dei loro alberghi con la scusa di incontri di lavoro sempre notturni che si concludevano con gli assalti sessuali non voluti.
L’ex re di Hollywood sostiene che il ricorso in appello è per "ripristinare la sua reputazione di uomo" che si è sentito vittima di un meccanismo infernale di denuncia postuma, dicendosi "totalmente confuso" sull’accanimento del movimento #metoo.