I contagiati non sono malati, ormai sviluppano anticorpi in maniera asintomatica. Certi report diffondono paure irrazionali sul Covid, senza riflettere il reale andamento dell’epidemia. Statistiche che gli scienziati giudicano tardive, incomplete, evocatrici di misure stringenti alle quali si fatica a dare credito. Al pronto soccorso, nella pratica quotidiana, i casi gravi sembrano scomparsi. Come afferma il professor Giuseppe Remuzzi, "i nuovi positivi al Coronavirus non sono più contagiosi, rispetto alla prima fase di pandemia la carica virale è notevolmente diminuita".
Illustri clinici confermano la svolta in atto: "Mi piace essere vicino al professor Remuzzi – ha dichiarato Matteo Bassetti, infettivologo a Genova e presidente della Società italiana di terapia antinfettiva – perché il direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano è il ricercatore italiano più evoluto. Ci ritroviamo a dire praticamente la stessa cosa, cioè che gli asintomatici non sono tutti uguali, la maggioranza di questi potrebbe anche non trasmettere il virus, e su questo dobbiamo per forza fare una riflessione". Da giorni i professori ribadiscono che esistono soggetti con differenti cariche virali, che non sono capaci di trasmettere l’agente infettivo: "Lo abbiamo visto anche con HIV - continua Bassetti, che giudica incompleta l’informazione sui dati della pandemia – un altro esempio potrei farlo prendendo ad esempio la tubercolosi, per dire che a seconda di quanta carica batterica hai nell’espettorato trasmetti o meno l’infezione, a volte i micobatteri sono tutti morti, e non c’è materia vitale".
Per il professore di Genova tanti esperti si spacciano per virologi senza avere competenze, mentre la conta dei ricoveri per Sars-CoV-2 lascia perplessi, risulta poco credibile. "Ma è chiaro che siamo di fronte a una partita di giro. Ieri sono riusciti a far passare nei titoli dei telegiornali la notizia di un aumento dei casi in terapia intensiva, quando nello stesso giorno c’erano stati 250 ricoveri complessivi in meno, è chiaro che erano trasferimenti di degenti, rientrati da altri reparti, non vuol dire niente". Se i positivi ai tamponi non contagiano, forse i conteggi servono a giustificare misure capestro? Plexiglas, centimetri, guanti o mascherine rinnovano il senso di insicurezza e paura. Anche il professor Zangrillo, primario di anestesia e rianimazione del San Raffaele di Milano, si mostra scettico di fronte alla conta dei positivi così concepita: questi non sono malati. C’è modo e modo di diffondere le statistiche, basta spaventare con numeri che confondono le idee.
"I dati che l’Istituto superiore di Sanità e la Protezione Civile rendono pubblici sono scarsi". Sempre attuale l’appello del presidente dell’Accademia nazionale dei Lincei, Giorgio Parisi, che chiede al ministro della Salute un’apertura. "Tutti i dati sull’epidemia devono essere resi pubblici, nel rispetto della privacy – ha dichiarato il professor Parisi, citando le risolusioni della Commissione Covid dei Lincei – la trasparenza è un principio base delle democrazie. In assenza di trasparenza, ogni conclusione diviene contestabile sul piano scientifico e sul piano politico". Dunque, se i contagiati non sono malati, aggiungiamo noi, e si includono novantenni mancati per infarto settimane addietro come fossero casi acuti affetti da Covid, qualcosa non va. Da giorni in Spagna è cessata la conta dei morti, in Italia invece va avanti un interminabile bollettino di guerra, che inevitabilmente perde di credibilità, specie ora che la battaglia si è spostata in altre parti del mondo. "Le Regioni vanno a velocità diverse, sarebbe necessario omogeneizzare le risorse su tutto il territorio, avere pieno accesso ai dati, favorire la sburocratizzazione delle procedure, anche per avere accesso a nuovi farmaci e dispositivi".
Così Claudio Zanon, direttore scientifico di Motore Sanità, a margine dei webinar sull’Health Technology Assessment, ciclo di convegni cui hanno preso parte virologi e infettivologi del calibro di Bassetti, Crisanti, Palù e Di Perri. "Da maggio – aggiunge Zanon – notiamo forme morbose molto meno aggressive, un quadro clinico diverso rispetto ai mesi precedenti, 9 casi su 10 trattati risultavano con tampone negativo. L’osservazione clinica conferma che il virus, in qualche maniera, è diventato molto meno aggressivo sull’uomo".