Milano – Non si può, come ha fatto la Corte d'Appello di Milano, "far dipendere la sussistenza" della violenza sessuale "dal tempo di reazione'" della vittima, né stabilire che "un atto sessuale protrattosi per un periodo di tempo pari a 20 o, al massimo, 30 secondi esuli" dalla contestazione di abusi.
Lo scrive il sostituto pg di Milano Angelo Renna nel ricorso in Cassazione contro la sentenza del 24 giugno scorso che aveva confermato l'assoluzione per un sindacalista, Raffaele Meola, dall'accusa di violenza sessuale nei confronti di una ex hostess di Malpensa, Barbara D’Astolto.
Dal processo, secondo la Corte d'Appello milanese, era emerso "come l'imputato non abbia adoperato alcuna forma di violenza - ancorché si sia trattato, effettivamente, di molestie repentine - tale da porre la persona offesa in una situazione di assoluta impossibilità di sottrarsi alla condotta". Condotta, scrivevano i giudici, che "non ha (senz'altro) vanificato ogni possibile reazione della parte offesa, essendosi protratta per una finestra temporale", "20-30 secondi", che "le avrebbe consentito anche di potersi dileguare".
Nel ricorso, con cui chiede di annullare la sentenza e in cui cita giurisprudenza della Cassazione, il pg Renna fa presente che, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte milanese, "la volontà del soggetto è tutt'altro che irrilevante". I giudici di secondo grado, che hanno confermato l'assoluzione decisa dal Tribunale di Busto Arsizio (Varese), sbagliano nell'applicare la norma sulla violenza sessuale, "giungendo implicitamente a ritenere del tutto irrilevante la presenza di un dissenso da parte della vittima e la sua valutazione da parte dell'imputato". Che si è sempre dichiarato innocente.
Per loro conta in questo caso solo il "tempo di reazione". E ciò, scrive il pg, contrasta con tutta la più recente giurisprudenza sul "consenso", secondo la quale "non rileva" che "non sia stato percepito un dissenso, ma è necessario che si abbia la ragionevole certezza che vi sia un consenso pieno, iniziale e permanente". In più, spiega il pg, "la Corte nel valutare evidentemente tardiva la reazione della persona offesa non ha in alcun modo motivato perché abbia ritenuto irrilevanti le dichiarazioni" della donna.