Bologna, 17 febbraio 2025 – È cominciato oggi con un colpo di scena il processo a Giampiero Gualandi, l’ex comandante della polizia locale di Anzola di 63 anni, che a maggio di un anno fa uccise con un colpo della propria pistola d’ordinanza la collega Sofia Stefani, 33 anni, con cui aveva una relazione extraconiugale. Gualandi è accusato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo.
![](https://www.quotidiano.net/image-service/view/acePublic/alias/contentid/ODg4YzM5ODctNDJlMy00/0/image.webp?f=16%3A9&q=1&w=1280)
Il giudice: non fu femminicidio
La Corte d’assise di Bologna ha respinto la richiesta di costituzione di parte civile di cinque associazioni in difesa delle donne (Udi, Casa delle donne, Sos Donna, Mondo Donna e associazione Malala). Secondo il presidente della Corte d’Asssise Pasquale Liccardo, infatti, “le condotte non permettono allo stato degli atti di ricondurre il fatto alla definizione di femminicidio, mancando qualsiasi riferimento alla lesione della sfera di autodeterminazione della donna, ad atti di maltrattamento, discriminazione e prevaricazione o ad atti tipici della violenza di genere".
“Sofia Stefani è stata uccisa nella sede della polizia locale con un’arma di servizio da un ispettore di polizia - sottolinea invece Rossella Mariuz, avvocato di Udi -. Si tratta di un femminicidio: non facciamoci deviare dal pregiudizio leggendo nell’imputazione che lui agì perché lei “lo rincorreva” nella loro relazione. Lui era un tutore della legalità e come tale conosceva tutti gli strumenti giuridici per proteggersi da eventuali condotte illecite, invece ha scelto di sparare. Questo è un femminicidio anche perché Stefani era in una relazione subordinata rispetto a Gualandi, lui era ispettore di polizia e lei precaria, lui aveva 30 anni di più; la loro relazione aveva anche tratti di sfruttamento sessuale da parte di Gualandi, che faceva leva sulle vulnerabilità psicologiche e lavorative di Sofia. E alla fine l’ha uccisa in modo brutale, cancellandone il volto e l’identità con un colpo di pistola, per giunta in un luogo pubblico, per stabilire il proprio dominio sulla ragazza che aveva violato la regola della subordinazione da lui imposta”.
Ammessi invece come parti civili i genitori di Sofia Stefani (presenti in aula), il fidanzato e il Comune di Anzola.
Lo strazio della mamma: mia figlia era ricattabile
Voce rotta, ma pensiero chiaro quella della mamma di Sofia Stefani. “Lo considero un femminicidio aggravato dal fatto che Sofia cercava lavoro – spiega Angela Querzè –, quindi era estremamente ricattabile. Gualandi aveva un ruolo apicale, era un dirigente di 63 anni che con una collega di 32 non ha saputo usare quegli strumenti che un uomo di quell’età deve invece sapere usare. E questo al di là di tutte le manipolazioni che verranno, credo, dimostrate”.