Roma, 20 giugno 2024 – Ha più volte criticato l’operato di Papa Francesco (già dal 2018) chiedendone le dimissioni, ora monsignor Carlo Maria Viganò è convocato dalla Santa Sede con l’accusa di scisma. L’ex nunzio Usa è stato invitato a presentarsi oggi ''per prendere nota delle accuse e delle prove circa il delitto di scisma di cui è accusato. Ovvero affermazioni pubbliche dalle quali risulta una negazione degli elementi necessari per mantenere la comunione con la Chiesa cattolica tra cui negazione della legittimità di Papa Francesco, rottura della comunione e rifiuto del Concilio Vaticano II”. L'ex Sant'Uffizio – nel decreto – ricorda che si tratta di un processo penale extragiudiziale e avverte l'imputato di nominare un avvocato.
E' una delle accuse più pesanti nella Chiesa cattolica, una pronuncia estrema che si è verificata raramente nella storia, da Martin Lutero ai Lefebvriani.
Da parte sua, Viganò si dice ''onorato'' delle accuse in un post su X. “Considero le accuse rivolte nei miei riguardi come un motivo di onore – ha scritto l’ex nunzio Usa – Credo che la formulazione stessa dei capi d’accusa confermi le tesi che ho più e più volte sostenuto nei miei interventi”. “Non è un caso – aggiunge Viganò – che l’accusa nei miei confronti riguardi la messa in discussione della legittimità di Jorge Mario Bergoglio e il rifiuto del Vaticano II: il Concilio rappresenta il cancro ideologico, teologico, morale e liturgico di cui la bergogliana 'chiesa sinodale' è necessaria metastasi".
Immediata la reazione del segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin: ''Mi dispiace tantissimo perché lo ho sempre apprezzato in quanto grande lavoratore e fedele alla Santa Sede”. Per poi però sottolineare che ''ha assunto alcuni atteggiamenti e gesti di cui deve rispondere – ha detto –. E' normale che la Dottrina della Fede abbia preso in mano la situazione svolgendo una indagine necessaria per approfondire la situazione''.