Sabato 27 Luglio 2024
ANTONIO DEL PRETE
Cronaca

Iraniana morta in Italia, "Vida accusata di disonore. Così il regime di Teheran soffoca il bisogno di libertà"

La studentessa 21enne e il fidanzato trovati senza vita in un’auto a Napoli. La polizia morale: "È una peccatrice". L’ambasciata al lavoro per il rientro della salma. L’attivista Moshir: gli ayatollah vogliono distogliere l’attenzione dalla crisi

Vida Shahvalad (Ansa)

Vida Shahvalad (Ansa)

Roma, 20 marzo 2024 – Baci, balli, sentimenti. Vite e adesso pure le morti sacrificate sull’altare di un regime che, come ogni regime, spaccia sicurezza al prezzo della libertà. La religione e la morale sono solo oppio che anestetizza le coscienze. Nebbia. Propaganda. Sono questi i contorni dello Stato teocratico degli ayatollah tratteggiati da Pegah Moshir Pour, attivista iraniana per i diritti umani cresciuta in Basilicata.

Moshir, che cos’è la polizia morale?

"È un reparto dei Guardiani della rivoluzione che, come da etimologia persiana, ha il compito di pattugliare per educare. Vigili urbani particolari girano con dei Van su cui caricano di volta in volta ragazze che indossano male l’hijab (il velo islamico, ndr ) o ragazzi che vestono dei pantaloncini corti".

E cosa succede a bordo?

"A seconda della violazione dei costumi, il giovane malcapitato viene costretto a recitare brani del Corano o a pagare una multa. In casi estremi, come capitato a Mahsa Amini, scatta la tortura. Il trattamento dipende dalla città e dal tipo di vittima. Le minoranze subiscono le conseguenze peggiori".

Vida, però, è morta in Italia. La polizia religiosa ha potestà anche su ciò che succede fuori dai confini dell’Iran?

"Il diritto della morale segue gli iraniani ovunque essi siano. Vida, che non era sposata né fidanzata ufficialmente, è accusata di disonore. Una categoria etica di carattere patriarcale individuata dalla parola namus , importata dall’arabo".

E se al posto di Vida ci fosse stato un uomo?

"Probabilmente sarebbe andata diversamente, ma non è detto. Sono decisivi altri aspetti".

Quali sono, dunque, i motivi profondi che stanno dietro all’iniziale rifiuto di celebrare il funerale di Vida in patria?

"Il clamore. La notizia della sua morte ha portato l’Iran alla ribalta dei media occidentali, e il regime vuole mantenere pulita la sua immagine. La morale viene usata per distogliere l’attenzione degli iraniani dai problemi economici: inflazione e disoccupazione sono alle stelle, oltre venti milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà".

Neanche la morte supera questa cortina ideologica?

"No. E non è la prima volta. I corpi dei ragazzi arrestati durante le proteste degli ultimi due anni, morti a causa delle torture, non vengono restituiti ai genitori che li reclamano. Né sono resi noti i luoghi delle sepolture, non all’inizio almeno. Anzi, spesso i resti sono utilizzati come merce di scambio per ottenere il silenzio dei parenti. Molti, però, non smettono di chiedere giustizia nonostante le minacce".

A più di 2.400 anni dall’Antigone di Sofocle il Creonte di Teheran rimette sulla scena della realtà la medesima tragedia. Cos’è che spaventa tanto il regime?

"La cultura patriarcale serve a imbrigliare il bisogno di libertà. La propaganda anti-occidentale, martellante anche a scuola, serve ai Guardiani della Rivoluzione, un’élite di 200mila persone che gode delle ricchezze del Paese, per conservare lo status quo. Mentre la corruzione dilaga, la popolazione viene ricattata paventando il pericolo di un’incursione occidentale che trasformerebbe l’Iran in un altro Iraq o in un Afghanistan".

Quali risultati hanno raggiunto le proteste scatenate dalla morte di Mahsa Amini?

"Il popolo ora è più coeso. Gli uomini lottano insieme con le donne portando avanti campagne di disobbedienza civile come le passeggiate in bicicletta o l’iniziativa dei tassisti che trasportano anche chi non indossa il velo. È una rivoluzione lenta che però produrrà cambiamenti perché le donne iraniane hanno capito che la battaglia si fa con gli uomini e non contro di essi. La privazione dei diritti è una questione che riguarda tutti".

Il 70% della popolazione è nato dopo la rivoluzione islamista. Com’è possibile usare la repressione per tenere a bada tanti giovani nel mondo connesso di oggi?

"Non è possibile. Il regime ha tentato di bloccare i social, ma da vent’anni gli iraniani usano vpn (reti private virtuali, ndr ) per neutralizzare i filtri della censura".

Tornerebbe a vivere in Iran?

"Mi sento italiana e soprattutto europea, ma porto avanti le tradizioni iraniane. Fino al 2019 andavo in Iran per progetti culturali, ma ora sono nella lista nera. Spero, un giorno, di tornare ad ammirare le bellezze di un Paese finalmente libero".