Giovedì 28 Novembre 2024
NICOLA PALMA E MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Viaggio al Corvetto dopo la rivolta per Ramy: “Ora basta, vogliamo tornare alla legalità”

Milano, tante le iniziative per non abbandonare il quartiere al degrado e alla criminalità- Per molti residenti l’oratorio sembra l’unico presidio. L’ex parroco: “Tutta quella energia è stata male indirizzata”

Milano – Niente urla a squarciare il silenzio. Qualche sagoma nel buio. Ma è innocua. Ai bordi di piazza Gabrio Rosa, le camionette della polizia sono come occhi aperti.

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Ramy Elgaml, il 19enne egiziano che nella notte tra sabato e domenica si è schiantato con lo scooter

L’obiettivo è evitare un’altra notte da banlieue e abbassare la tensione che si respira dalla morte di Ramy Elgaml, il diciannovenne egiziano deceduto nello schianto del TMax guidato senza patente dall’amico tunisino Fares Bouzidi in fuga da una pattuglia dei carabinieri. Su TikTok ora circola un video che immortala pochi secondi della fuga: la moto sfreccia a forte velocità in via San Barnaba, in centro. Ramy ha appena perso il casco a causa del sobbalzo provocato dal passaggio sul dosso di fianco al Palazzo di Giustizia. Allunga la gamba sinistra verso l’esterno, come a volersi rimettere in posizione dopo essersi sbilanciato. Immagini che fanno tornare alla mente la tragedia (diversi minuti dopo è avvenuto l’incidente che ne ha causato la morte) ma anche la reazione, con le guerriglie urbane al Corvetto: roghi in strada e persino un assalto a un bus, distrutto e imbrattato con la scritta “Ramy vive”, tra lunedì e martedì.

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La notte seguente è la quiete dopo la tempesta. “Durerà?”, si domanda un residente. Allenatore di calcio volontario per i più piccoli all’oratorio di San Michele Arcangelo e Santa Rita. “Bisogna ripartire dai bambini”, dice. “L’oratorio è uno dei pochi punti di riferimento per i giovanissimi, cattolici e non”. Chiede l’anonimato prima di proseguire: “Il problema non può essere risolto dalla polizia. Le risposte devono darle le istituzioni, la politica. Al Corvetto ci sono case sfitte e occupate. Piazze che diventano terreno fertile per delinquere. Qui bisogna far sentire la presenza della legalità”. Lungo le strade, la “legalità“ è calpestata dai segni dei roghi sull’asfalto, dalle scritte sui muri contro le forze dell’ordine. E il timore è che la morte del ragazzo sia stata un pretesto per sfogare rabbia repressa. Una situazione in cui si paventano infiltrazioni anarchiche. Anche se a giudicare dalla “tranquilla notte“ di ieri il pericolo pare rientrato.

Ma come andare avanti, ora? “L’attenzione non manca – evidenzia Stefano Bianco, presidente di Municipio 4 –. In piazza Gabrio Rosa concentriamo molte iniziative”. In una zona in cui esistono numerose associazioni, in cui la rete di solidarietà tra le persone si allarga sempre.

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La rivolta al quartiere Corvetto

“Il fatto di cronaca – riflette – ha alimentato un disagio. Si può fare di più, certo, ma intanto noi ci siamo. A gennaio ha aperto un Cag, Centro di aggregazione giovanile, in via Dei Cinquecento”. Gestito dalla Cooperativa La Strada. “Ora accogliamo una sessantina di ragazzi tra gli 11 e i 14 anni – fa sapere Gilberto Sbaraini, il presidente –. I nostri educatori li aiutano nello studio, organizzano attività ludiche, sportive e culturali. Sfruttiamo l’esperienza maturata in un altro quartiere difficile, in via Salomone: è vero che ci sono giovani difficili, provocatori, ma questo fa parte della nostra sfida educativa. Non ci arrendiamo”.

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La rivolta al quartiere Corvetto

Lo sa bene don Andrea Bellò, che per 15 anni è stato parroco al Corvetto e che a un certo punto, per tenere lontani gli spacciatori dal suo oratorio ha voluto introdurre il badge, così da far entrare solo bambini e ragazzi. Poi ha cercato di conquistare gli adolescenti coinvolgendo i rapper. “Quello che colpisce – evidenzia ora – è l’energia. Quella utilizzata, purtroppo, per devastare l’autobus o incendiare cassonetti. Con l’educazione e l’ascolto va orientata altrove. A me preoccupa di più il sommerso; chi, magari vittima, o in difficoltà, non riesce a chiedere aiuto”.

Per don Massimo Mapelli, di Caritas Ambrosiana, che ha fondato l’associazione “Una casa anche per te“ e che gestisce diverse comunità per minori stranieri non accompagnati “il punto è far sentire i ragazzi, che nei quartieri ci sono nati o che hanno raggiunto le loro famiglie, dei veri cittadini. Non devono sentirsi “parcheggiati“, come se li si accettasse esclusivamente come braccia per svolgere quei lavori che nessuno vuole più fare. Sono ragazzi con il loro vissuto e con i loro sogni”.