Giuseppe Verdi che anmmicca alla cultura transgender ha creato un pandemonio politico. A Parma è diventato un caso quello di un manifesto di Giuseppe Verdi raffigurato con seno e indumenti femminili, riferito ad uno degli spettacoli del Festival Verdi e precisamente all’opera Un Ballo in maschera, in scena al teatro Regio per la regia di Jacopo Spirei, dal progetto di Graham Vick (trasmessa anche su Rai 5 il prossimo 14 ottobre).
La locandina finisce infatti nel mirino dei senatori parmigiani della Lega, Maria Gabriella Saponara e Maurizio Campari che affermano: "Ce lo saremmo risparmiato, ma oggi ogni cosa viene piegata al nuovo conformismo ideologico Lgbt che si vuole imporre a tutto il Paese. Anche la cultura e la tradizione vengono strumentalizzate per farne propaganda".
I parlamentari del Carroccio puntano poi il dito contro l’evento della Queer Night di questa sera, in cui "nelle prove aperte al pubblico under 30, lo spettatore viene invitato a vestirsi nel modo che più lo rappresenta o che rappresenta quella parte di sé che generalmente resta nascosta". Insomma, dicono Saponara e Campari "un piccolo Pride all’interno del Festival Verdi: un utilizzo strumentale a fini meramente ideologici davvero inaccettabile".
Per i leghisti comunque, "non è sopportabile vedere Giuseppe Verdi rappresentato in un tale modo, un’immagine fortemente offensiva per il maestro, priva di rispetto e decoro".
Da qui un’interrogazione al ministro alla Cultura "per sapere che iniziative intenda assumere per far cessare quest’utilizzo improprio dell’immagine del Maestro Verdi".
A rispondere alla Lega è intanto Anna Maria Meo, direttore generale del Teatro Regio di Parma e direttore artistico del Festival Verdi, che replica: "La Queer night vuole rendere omaggio alla modernità di Verdi, che è sempre stato uomo e artista precursore dei tempi, anticonformista per eccellenza, come dimostrano le sue scelte di vita e le pesanti censure subite sul piano artistico e sul piano personale". E come dimostra proprio la vicenda di Ballo in maschera che, sottolinea Meo, "Festival Verdi presenta nella prima versione ambientata in Svezia alla corte di Gustavo III, così come originariamente concepita per il debutto a Roma prima che i censori pontifici intervenissero con pesanti cambiamenti da cui è derivata la trasposizione della vicenda nella Boston coloniale, senza che alcun esplicito riferimento alla omosessualità del sovrano fosse possibile".
Del resto "tale ‘incidente’, non l’unico nella travagliata storia dei rapporti di Verdi con la censura, religiosa e politica, ha ispirato la Queer Night, evento comunicativo che tra i suoi obiettivi ha anche quello di allargare i confini del festival e coinvolgere le comunità più giovani e che frequentano meno l’opera lirica". Per Meo comunque "il vivace dibattito suscitato e le numerose reazioni che l’immagine proposta sul flyer e l’invito al pubblico hanno stimolato, dimostrano che ancora oggi, a oltre due secoli dalla sua nascita, Giuseppe Verdi è capace di accendere la discussione rispetto ai temi sociali e che le sue prese di posizione sono ancora soggette alle medesime censure".
Il sindaco e presidente della Fondazione Teatro Regio, Federico Pizzarotti, parla di "soliti deliri della Lega", accusando i senatori firmatari dell’interrogazione di non conoscere "il senso della libertà e la bellezza, senza gabbie, dell’arte".